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 2016  febbraio 01 Lunedì calendario

Maitre Gims, il rapper parigino di Kinshasa che sarà ospite a Sanremo: «Il Festival? Non so cosa sia ma so che è importante»

Che grande canzone Est- ce que tu m’aimes?, in vetta alla hit parade, mix di hip hop, dance e pop, dal ritornello trascinante, ennesima dimostrazione della bravura di Stromae. Così avranno pensato in molti. Invece l’autore è Maître Gims, rapper francese di origini congolesi che a giorni sarà a Sanremo per cantarla. Molti, proprio per questo brano, lo etichettano come il nuovo Stromae. Un paragone che l’interessato, quasi 30 anni, vero nome Gandhi Djuna, non apprezza granché. «Non per disistima verso Stromae, è bravissimo e uno dei miei migliori amici, abbiamo anche collaborato e lo faremo ancora. Ma in Francia nessuno ci paragona, se in Italia lo fate, ci conoscete poco».
Ci aiuti lei. Partendo dal suo album “Mon coeur avait raison”, un doppio appena uscito. Il primo disco si chiama “Pillola rossa”, il secondo “Pillola blu”.
«Il riferimento è al mio film preferito, Matrix.
Ricorderà che ci sono due pillole: la rossa che lascia nel virtuale, la blu che riporta alla realtà. Lo stesso nel disco: “pillola rossa” è di urban pop, musica pacata, “pillola blu” è tutto hip hop, musica della vita, anche dura».
Sono le sue due anime?
«Sì, sono arrivato in Francia a due anni e sono cresciuto ascoltando musica francese, Aznavour, la Piaf, Johnny Hallyday. Poi da ragazzo, nella periferia di Parigi, sono passato ai rapper come Wu Tang Clan e Tupac Shakur. Queste diverse influenze convivono in me. Allora ho semplificato la vita ai fan. Chi ama il rap può ascoltare solo il disco blu, chi ama altra musica, l’altro. O approfittare per conoscere anche un genere diverso dai propri gusti. Credo nella contaminazione».
Lo dice anche la sua biografia.
«Sono congolese solo di nazionalità, ormai. Vivo in Francia dall’88, e ancor più che francese mi sento parigino. Da bambino non badavo al fatto di essere un clandestino dall’Africa, giocavo con tutti, vivevo la mia vita. Ora che ogni spostamento tra Paesi mi richiede visti, permessi, capisco il problema, credo che prenderò la cittadinanza francese presto».
Molti immigrati o figli di immigrati però in Francia non si integrano.
«Tutti vengono per integrarsi ma se sono isolati, soprattutto in periferia, è un’altra storia. Il mio però non è l’hip-hop hard delle banlieue, è un genere ibrido cittadino che si è evoluto, per fortuna. È meno coinvolto politicamente, prima era musica di nicchia che spesso faceva prendere posizioni radicali alla gente e generava odio, invidia sociale. Ora è festaiolo, allegro, per questo è diventato la musica numero uno in Francia. So per certo che lo ascoltano anche nella famiglia Le Pen».
Qualche anno fa si è convertito all’Islam. La religione influenza la sua musica?
«Per nulla. È una religione che tutti scoprono solo dopo l’attentato di qualche pazzo ma il vero Islam è basato sul rispetto. È un fatto personale, è quello che sei davvero. Mentre la musica è come la recitazione, puoi fingere di essere qualcun altro».
Delle canzoni “blu” colpiscono anche titoli dedicati a persone come “Melynda Gates” e “Mayweather”.
«La prima è un omaggio a una donna straordinaria, la moglie di Bill Gates, che resta nell’ombra ma prende le decisioni più importanti, come devolvere parte del patrimonio a opere benefiche. Floyd Mayweather è il pugile, uno che emerge senza essere mai stato sconfitto, come vorrei essere io».
Fra le collaborazioni colpisce quella con la songwriter Sia in “Je te pardonne”.
«Qualcosa di magico. Per la linea melodica mi sembrava perfetta per lei, le ho scritto un’email senza troppa convinzione. La sera stessa era in sala a registrare le sue parti. E senza modificare nulla».
Oltre alla sua attività da solista lei ha una band, i Sexion D’Assaut, una linea di moda, la Vortex, e scrive libri. Come fa?
«Ci aggiunga il mestiere più importante: padre di cinque figli da otto a un anno. È questo che mi regala equilibrio. Il resto viene da sé, e per fortuna ho degli ottimi collaboratori».
Di Sanremo cosa sa?
«Solo che è un festival importante e che è un onore essere invitati. Il resto lo scoprirò».
Sa qualcosa di più della musica italiana?
«I miei interessi per l’Italia sono nell’ordine: auto, moda e cibo. La musica viene dopo. Conosco Pavarotti, apprezzo Fedez e Clementino, sono energici anche se non so che vite hanno avuto e quindi se esprimono in musica la loro rabbia personale».