la Repubblica, 1 febbraio 2016
Il tempo è impazzito. Mentre in Italia le mimose sono in fiore in Arabia Saudita nevica
Siamo saliti sull’ottovolante, e l’unico consiglio che gli esperti possono darci, per il breve periodo, è quello di tenerci forte. Questo clima mite, quasi da acquario, in cui l’Italia è immersa nei giorni della merla, non deve infatti ingannarci. Una tempesta improvvisa, una zampata violenta dell’inverno, sono sempre in agguato. Ne sanno qualcosa a New York, dove hanno passato il Natale in maniche corte e ora si ritrovano con Central Park sepolto da 70 centimetri di neve. O in Arabia Saudita, dove tutto si aspettavano tranne che 40 centimetri di coltre bianca: non accadeva da 85 anni. Idem a Okinawa, isola meridionale del Giappone, dove è caduta la prima neve di sempre. In Italia, al contrario, abbiamo avuto uno dei mesi di gennaio più caldi, con la stessa quantità di pioggia dello scorso agosto (meno 60% rispetto alla media), secondo quanto denuncia Coldiretti. A dicembre dell’anno scorso, ha calcolato l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr, la pioggia è stata del 91% inferiore alla norma. Il dicembre 2015 è stato il più secco da quando sono iniziate le misurazioni, nel 1800, e si è inserito nell’anno più caldo degli ultimi 215. I cosiddetti “eventi meteorologici estremi” ormai colpiscono come una roulette russa. «A chi tocca, tocca» sintetizza uno dei più importanti climatologi italiani, Vincenzo Ferrara dell’Enea. «È come se stessimo premendo l’acceleratore della macchina. Tutto diventa più rapido, meno controllabile. Il ciclo dell’acqua, dall’evaporazione alle precipitazioni, è più veloce e intenso. Lo stesso vale per le correnti aeree. Un’atmosfera più calda è anche un’atmosfera più carica di energia. Ecco allora che quella che un tempo era pioggia, oggi diventa inondazione».
L’unica certezza, in materia di clima, è che nulla è più normale. E che il cambio di stagione, nei nostri armadi, è diventato operazione imprudente, con magliette e cappotti che possono alternarsi nel giro di una manciata di giorni. «Al vertice sul clima di Parigi ci si è dati l’obiettivo di non superare gli 1,5 gradi di riscaldamento rispetto alla media. Ebbene, in Italia nel 2015 abbiamo raggiunto gli 1,4 gradi, molto più dello 0,9 globale», sottolinea Bernardo Gozzini, direttore del consorzio ambientale Lamma di Regione Toscana e Consiglio nazionale delle ricerche. «Fino al 2014 gli scarti fra un anno e l’altro rispetto alla media erano stati dello zero virgola zero qualcosa. Negli ultimi due anni siamo balzati rispettivamente a 0,6 e 0,9 gradi in più. È stato un netto salto di qualità. Ora siamo ufficialmente sulle montagne russe».
Quel che accade quando l’atmosfera – ma soprattutto gli oceani – si riscaldano, spiega Ferrara, «è che lo scambio di aria calda dall’equatore e di aria fredda dal polo non è più continuo e graduale. Diventa meno frequente e più violento». Qualche anno fa, prosegue il climatologo, «il tempo cambiava ogni quattro o cinque giorni, con l’arrivo di una perturbazione dietro l’altra. Oggi il meteo resta bloccato anche per quindici o venti giorni». E quando si sblocca, spesso lo fa in maniera violenta. «L’aria calda proveniente dall’equatore – prosegue Ferrara – e quella fredda del polo sono come acqua e olio. Non si mescolano, ma creano un “fronte” lungo la linea in cui si incontrano. Questo fronte è ondulato, e ogni tanto dalla cresta dell’onda si stacca un vortice: la perturbazione. Prima le onde erano piccole e frequenti, e così le perturbazioni. Oggi sono diventate molto più lunghe e ripide».
A chi tocca, tocca. Ecco allora che da una di queste onde diventate ripide come montagne russe ogni tanto si insinua una ventata di aria gelida del polo. «In Italia finora siamo stati risparmiati, perché tutte le perturbazioni sono sfilate sui Balcani. Ma si trattava di fenomeni molto intensi, tanto da portare la neve in Arabia» spiega Ferrara. La settimana prossima toccherà anche a noi, con una serie di perturbazioni attese a partire da mercoledì. «Ma non dovrebbero raggiungere intensità estreme», prevede Gozzini. Né risolvere il problema della siccità. Sempre secondo Coldiretti, il Po è circa due metri sotto al livello dello scorso gennaio e i laghi del nord Italia sono al minimo. Il Maggiore è al 17% della sua capacità, quello di Como al 12% e il Garda al 33%. «Da giovedì dovrebbe piovere tra Friuli e Veneto» spiega Gozzini. «Poi la perturbazione dovrebbe scendere lungo l’Adriatico, portando la neve anche a quote di 5-600 metri. Ma si tratterà di una puntata rapida dell’inverno. Il tempo dovrebbe cambiare in modo più convinto il prossimo fine settimana. È presto però per fare previsioni».
In mezzo a tante incertezze, la siccità in Italia sembra essere invece un punto fermo. «L’acqua diventerà sempre più un problema» è convinto Ferrara. «In montagna nevica meno e i fiumi faticano a riempirsi. Quando poi si presenta un acquazzone violento e in due o tre giorni cade la stessa pioggia che normalmente cadeva in un mese, la situazione non migliora di certo. L’acqua dilava tutto e non fa in tempo a penetrare nel terreno per ripristinare il livello delle falde».
E mentre ovunque il livello dei mari sembra destinato a salire – non solo per lo scioglimento degli iceberg, ma soprattutto perché gli oceani, riscaldandosi, si espandono – il nostro Mediterraneo subirà probabilmente un effetto ridotto. A fronte di un’evaporazione accelerata per l’aumento delle temperature, i fiumi sfiancati faticheranno a restituire al mare la sua acqua. «Lo stretto di Gibilterra è troppo piccolo per compensare questo effetto» spiega Ferrara. «Il risultato sarà un aumento della salinità del Mediterraneo, con il rischio di rendere inutilizzabili anche le risorse idriche costiere. L’agricoltura tradizionale italiana, temo, è destinata a cambiare. Presto la vite e l’ulivo verranno coltivati in Germania».