il Giornale, 30 gennaio 2016
Il galateo degli affari
Talvolta potrebbe essere questione di una stretta di mano sbagliata, di un sorriso mancato o, peggio, di un «contatto visivo» (così lo chiamano gli esperti) non mantenuto a lungo perché distratti da un’irresistibile scollatura... Talvolta la risposta al «perché» di un affare sfumato pare sia più facile di quanto si pensi. È la «Business Etiquette» o all’italiana «Galateo degli affari», all’estero addirittura materia d’università. Non importa arrivare a gaffe plateali di cerimoniali italici (vedi Renzi e statue ignude) né di scomodare first lady e reali (vedi l’abbraccio di Michelle Obama alla regina di Inghilterra), nella vita di ogni business man che si rispetti arriva il momento in cui dovrà fare i conti con la verità di Oscar Wilde e cioè che non c’è mai una seconda occasione per fare una buona prima impressione. Due dati. Uno: è dimostrato che in soli 5 secondi il nostro cervello categorizza le persone dandone un giudizio. Giusto o sbagliato che sia, poco importa. Dato numero due: recenti studi hanno dimostrato che il 55% del giudizio nel primo impatto è dato dall’aspetto esteriore, dalla cravatta al parrucchiere per intendersi. Il 35% è basato sulla voce e solo per il 10% sul contenuto dei discorsi. Lo spiega subito ai primi incontri Simona Artanidi esperta di bon ton da ufficio che tiene corsi proprio in questi giorni a Bologna al Grand Hotel Majestic. «Non racconto come mettersi il cappello o tenere la forchetta a tavola, ma insegno quelle tecniche che alla fine permettono di aumentare carisma, autostima e leadership», spiega. Ci ha scritto anche un libro sull’argomento che va dal primo approccio al pranzo d’affari alla neonata Netiquette, il galateo telematico. E se la prima impressione è regolata dalle 3V (visiva, vocale, verbale) e va allenata addestrando il contatto visivo a non fare irrecuperabili scivoloni e la voce a non squittire, si scopre che a tavola per lavoro vale la regola del F.A.T ovvero «Fatti gli Affari Tuoi», mai andare sul personale, evitare politica, religione e – dice lei – gossip... Esiste un momento giusto per cominciare a parlare di affari. Chi invita paga, anche se è donna perché nella business etiquette non c’è sesso che tenga. Cellulare zitto e in tasca. Niente braccia conserte ma neppure mani in tasca e dopo la prima stretta di mano (alla quale lei nel corso dedica mezz’ora di lezione, tanto per dire) scambiare subito i biglietti da visita. Se l’interlocutore è cinese attenzione, perché il momento è delicato. Per gli orientali il biglietto da visita vale come un documento. Quindi la business etiquette richiede un po’ di enfasi. Prendere il bigliettino rigorosamente con due mani e guai a metterlo subito in tasca senza degnarlo di uno sguardo. Per i cinesi è una questione di mianzi ovvero di metterci la faccia. Il biglietto va guardato con attenzione e messo via con movimento lento. L’impazienza in questo caso equivale a una cafonata... Con i clienti americani è tutta un’altra faccenda, come spiega Simona Artanidi: time is money. Paese che vai, etiquette che trovi. Basti pensare che esiste un sito (www.ovunquebusiness.it) che offre on line un minigalateo internazionale.