la Repubblica, 30 gennaio 2016
Raonic, che peccato
Il lettore aficionado leggerà che Andy Murray ha battuto Milos Raonic col punteggio di 4/6 7/5 6/7 6/4 6/2. Niente di più vero, e al contempo di più falso. I miei amici americani insegnano infatti che esistono tre tipi di menzogne.
Quelle abituali, le lies, quelle dette a fin di bene, white lies, e le statistiche. In un mondo come quello contemporaneo, dove ormai le statistiche sono diventate determinanti, il primo punteggio rimarrà storico ricordo della odierna semifinale dello Australian Open. In realtà Raonic è rimasto solo simbolicamente sul campo, per grande correttezza sportiva e umana, a partire dall’inizio del quarto set, quando la sua gamba destra, male avvitata al bacino dopo una clamorosa caduta all’ultimo Wimbledon, ha preso a non sostenere normalmente i suoi novantotto chilogrammi.
Da quel punto andrebbe scritto un risultato diverso, che vedrebbe il giovanottone canadese simbolicamente ritirato, in vantaggio di due set a uno. Questo non significa che Milos avrebbe sicuramente vinto, significa soltanto che, sino a quel punto, aveva condotto la partita, soprattutto grazie alla sua battuta, all’aggressività del suo diritto, e anche dei suoi schemi.
Murray, da contrattaccante qual è, aveva subìto, e non è detto che sarebbe stato sicuramente battuto. Com’erano andati, detto rapidamente, i tre set in cui Milos si era valso della completa integrità?
Il primo aveva visto un break per il canadese al secondo game, realizzato con cinque punti consecutivi. Raonic non aveva mai rischiato controbreak, sollevando anche qualche stupore per una prima a 230 chilometri, il colpo che l’aveva condotto al set point. Nel secondo, Murray aveva più spesso cambiato la direzione del passing, aveva in parte esorcizzato i servizi catapulta rischiando di ampliare l’angolo, ma trovando maggior tempo per ribattere, e ottenendo infine il suo break nel gioco che avrebbe altrimenti ammesso al tiebreak. Nel terzo Murray salvava una palla break nell’undicesimo game, ma non riusciva a fare altrettanto nel tiebreak, che finiva per smarrire 4 punti a 7. Era qui che Milos iniziava a zoppicare, subiva un parziale di 12 punti a 1, per essere accudito da un fisioterapista, il cui intervento appariva vano. Ed era in quel momento che il match terminava in favore di Murray, onesto nel commentare, dopo partita «di certo il suo incidente ha limitato Raonic».
Ci si domanda ora se la fatica del lungo match potrà influire, nei confronti di Murray ancor più dei precedenti australiani contro Djokovic, dal quale è già stato battuto a Melbourne 4 volte e, altrove, 21 volte su 30 incontri. Tutto sta a vedere quale Djokovic scenderà in campo. Il vero Djokovic dei tre set a uno a Federer, o la controfigura che ha sofferto 5 set contro Gilles Simon? Anch’io, come i bookmakers, credo alla prima ipotesi.