Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 30 Sabato calendario

In morte di Jacques Rivette

«Un giorno di profonda tristezza», ha scritto ieri il ministro della Cultura francese Fleur Pellerin annunciando la morte di Jacques Rivette, che si è spento nella sua casa di Parigi. Nato a Rouen l’1 marzo 1928, qualche anno fa, colpito dall’Alzheimer, si era ritirato dal cinema. “Grazie a Rivette è cominciata la Nouvelle Vague”, diceva Truffaut, che con Godard, Chabrol, Rohmer aveva lavorato ai Cahiers du Cinema di Andrè Bazin, la rivista in cui tra gli anni 50 e 60 era nato il movimento critico che avrebbe influenzato il cinema francese e non solo.
Eppure di quella generazione di cinefili accaniti JaRivette, con la sua carriera di olre trenta titoli, è l’autore meno popolare e meno celebrato, sia per la sua costante voglia di sperimentare sia perché è rimasta incontaminata la fedeltà ai principi della Nouvelle Vague, dominanti dal suo primo film, Paris nous appartient del 1958, opera monumentale in cui il linguaggio cinematografico si intreccia con testi teatrali, la realtà e l’immaginazione si confondono di continuo nella totale indifferenza delle necessità commerciali, tanto che uscì solo due anni dopo grazie all’impegno di Truffaut. Rivette si era trasferito a Parigi dalla Normandia nel ’49 e aveva cominciato a collaborare a riveste di cinema fino ai Cahiers, in cui pubblicò il primo articolo nel ’53, in cui esaltava la passione per il cinema americano, in particolare per John Ford e Howard Hawks, e la sua particolare visione del melodramma. Un esempio è Susanna Simonin, la religiosa, tratto da Diderot, una delle interpretazioni più intense di Anna Karina. Il film, che attaccava le deformazioni e gli eccessi della fede religiosa, scandalizzò anche la laica Francia, scatenò polemiche furiose e la censura ne vietò l’uscita per oltre un anno, provocando un’attesa e una curiosità tali che fu uno dei maggiori successi del cinema di Rivette e tra i candidati alla Palma d’oro a Cannes. Nel ‘91 il Festival gli assegnò il Gran Premio della Giuria per La bella scontrosa, il film più noto e diffuso a livello internazionale. Ispirato a una novella di Balzac, è la vicenda di Marianne, fanciulla che un pittore in crisi usa come modella. Marianne è Emmanulle Bèart – nuda, in tutto il suo splendore per metà film – nel cast Jane Birkin e Michel Piccoli, più volte protagonisti per Rivette che amava lavorare con le stesse persone, «sogno una compagnia di giro, sempre la stessa», diceva. La bella scontrosa durava quattro ore, non fu facile convincerlo a tagliarne la metà per i circuiti internazionali.
Era proprio nella durata che Rivette non accettava regole e restrizioni e se l’opera prima superava le due ore e mezzo, in seguito sarebbe arrivato ai 750 minuti di Out 1: Noli me tangere, in cui durante le prove su un palcoscenico si svolge un intrigo di misteriose cospirazioni. In Chi lo sa? del 2001, commedia di intrighi di straordinaria freschezza, riuscì a restare sotto le tre ore. È anche il film del primo incontro del regista con Sergio Castellitto, interprete di un regista e attore italiano che arrivava a Parigi con un Pirandello e incontrava la francese Jeanne Balibar. «Mi piace Sergio perché comunica umanità e emozioni con grande semplicità e non ha paura di portarsi addosso i cliché dell’italianità», disse Rivette, paragonandolo a Mastroianni. «Io mi rivolto dalla gioia, spero che Marcello non si rivolti nella tomba», reagì Castellitto che, accanto a Jane Birkin, è stato il protagonista dell’ultimo film di Rivette, 36 vues du Pic St. Loup, titolo italiano Questioni di punti di vista, del 2009, strano incontro, in un circo, di due anime inquiete unite dal destino per una parte della loro vita.