Il Messaggero, 29 gennaio 2016
Un premier e quattro Oscar. Il pranzo di Renzi con Benigni, Bertolucci, Sorrentino e Tornatore, tra tante battute e qualche discorso serio
«È la prima volta che entro in un palazzo di governo!». Bernardo Bertolucci, appena vede il premier che accoglie lui, Roberto Benigni, Paolo Sorrentino e Giuseppe Tornatore nella stanza dei bottoni, gli dice così. Roberto Benigni fa una battuta rivolto ai colleghi: «Cos’è questa la versione italiana di Tutti gli uomini del presidente?». Loro sono quattro premi Oscar, più il ministro Franceschini e Salvo Nastasi, vice-segretario generale della presidenza del consiglio. Il clima è molto informale. Si scherza, si ride, si mangia. E in maniera leggera. Perché il vero menù è la legge sul cinema su cui Benigni e gli altri s’informano e Renzi gliela illustra e loro sembrano apprezzarla assai. «Era ora!», dicono in coro. E fanno una promessa insieme a Renzi: «Impegniamoci tutti e sempre di più, per evitare che chiuda una sala cinematografica al giorno». La battuta più bella forse è quella di Benigni, uscendo da Palazzo Chigi: «Se voterò sì al referendum sulle riforme? Certo!». Paura, e aggiunta: «Ho già votato». L’Oscar di Robertaccio è «La vita è bella»; quello del suo amicissimo Bertolucci è «L’ultimo imperatore»; è poi Sorrentino con «La grande bellezza» e Tornatore con «Nuovo cinema paradiso». Se fosse andato all’incontro anche Gabriele Salvatores, invitato ma impegnato altrove, avremmo avuto anche il regista Oscar di «Mediterraneo».
Durante il pranzo le battute si sprecano, ma anche i discorsi seri: le bellezze italiane sono il piatto forte. L’arte. La rinascita culturale italiana. Il riconoscimento, da parte di tutti, delle enormi potenzialità creative di questo Paese, a patto che l’Italia s’impegni a tutti i livelli, a cominciare da quello della scuola.
NUOVA VITAIl quartetto alterna serietà a toni ilari. Come questo: «Io, Bernardo, Paolo e Giuseppe andremo a vivere insieme, e faremo una bella unione civile», scherza Benigni. Poi camminando per la strada, «a pancia piena», Robertaccio si fa serio: «Non si deve parlare di rilancio, perché il momento è buono, ma di una nuova attenzione per il cinema, per il quale non si legifera da anni. Questo è un momento straordinario e siamo grati a Renzi e a Franceschini». Tornatore, durante il pasto, sembra quello che ne sa di più di legislazione sul cinema. Bertolucci, il più anziano, è il più svagato. Guarda spesso gli stucchi e i soffitti del palazzo, e che gli devono apparire ben poca cosa rispetto alla magnificenza delle residenze cinesi dell’«Ultimo imperatore». Sorrentino, capello lungo e orecchino, non dismette la sua aria un po’ fricchettone anche se sta nella sede principale del potere costituito. Renzi a un certo p8ntio sui rivolge a Benigni e gli fa: «Lo sai che nel 1984-1985 ho visto tre volte nei palasport lo spettacolo TuttoBenigni? Per la mia formazione personale, caro Roberto, sei stato fondamentale da sempre. Non mi sono perso neanche uno dei tuoi film». Se fossero stati da soli, avrebbero magari cominciato a parlare di Dante, passione che accomuna i due toscani. Bertolucci racconta di sè: «Lo sapete che io, a causa della condanna per Ultimo tango a Parigi, per più di 5 anni non ho potuto votare alle elezioni?». Delle veneri dei Musei Capitolini non si parla a tavola. Ma Robertaccio andando a casa si diverte così: «Renzi ci ha convocato oggi per risolvere il caso Rohani. Ci ha accolti nudo!».