La Stampa, 29 gennaio 2016
Franco Cerri compie 90 anni e non smette di suonare
Franco Cerri compie 90 anni a suon di jazz. Stasera la sua Milano gli dedica una festa concerto al Teatro Dal Verme, mentre gli amici storici torinesi sono andati a trovarlo l’altro giorno portandogli in regalo un’enorme torta a forma di chitarra e il recentissimo film Compro Oro di Toni Lama e Marino Bronzino, in cui lo stesso Cerri racconta la storia dello Swing Club di Torino, locale storico del jazz italiano.
Cerri è uno dei più grandi chitarristi jazz al mondo; alto, fisico asciutto, elegante, sorriso radioso, modi gentili: una simpatia immediata. Perciò è stato scelto come testimonial di una pubblicità per un detersivo: non c’è persona in Italia sopra i 40 anni che non ricordi «l’uomo in ammollo».
Un giorno a Porta Genova
Ma è con la sua chitarra Gibson L5, inseparabile compagna di viaggio, protagonista di jam e collaborazioni con i più famosi musicisti della storia del jazz che è diventato un mito assoluto. «Voglio continuare a suonare finché posso, è così che mi mantengo giovane. Ho ancora tanta voglia di ridere, sento in me il ragazzo, e le gambe, la testa, le mani funzionano ancora. Il giorno in cui non mi ricorderò più un percorso armonico, attaccherò al chiodo la mia ragazza preferita, la chitarra. Il segreto di una carriera tanto lunga? Innanzitutto aver avuto in regalo da mio papà una chitarra, pagata 78 lire. Era il 1943, tempi duri per tutti, ma in particolare per una famiglia modesta come la mia. Disse: so che la desideri, ma non ho soldi per un maestro. Arrangiati. E io mi sono applicato. Alla fine della guerra a Porta Genova suonavo nei cortili. Un giorno ci annunciano che sarebbe arrivato Gorni Kramer a ascoltarci. Chiese chi conoscesse brani americani: risposi che ne sapevo quattro o cinque. Ha imbracciato la sua fisarmonica e abbiamo fatto ballare tutti. Arrivato a casa, ho svegliato i miei per dirglielo: va a dormire, è stata la risposta di papà. Un mese dopo, alla Galleria del Corso, Kramer mi vede, io faccio finta di niente, giro le spalle, ma lui mi riconosce e additandomi per uno che aveva “la paletta” (è il suo modo preferito per dire “orecchio”, ndr), mi dice che mi aspetta l’indomani per le prove con il Quartetto Cetra e Natalino Otto. Ho pensato di dirgli che avevo un impegno, ma per fortuna non l’ho fatto. Mia mamma aveva il magone e ripeteva incredula: il mio Franco con Kramer... Indimenticabile: ho capito che stavo costruendo la mia vita. Da lì trascorsi 25 anni indelebili con Gorni; all’epoca io non leggevo la musica, ma avevo la paletta che funzionava».
C’è una chiave per diventare un musicista tanto amato da generazioni diverse di pubblico? «Innanzitutto bisogna avere la fortuna e le occasioni per apparire. Poi devi regalare al pubblico buone sensazioni: e per fare ciò devi suonare con gioia, non basta conoscere lo strumento. Il piacere di suonare cambia ogni sera: magari fai lo stesso brano che però, anche grazie ai musicisti con cui suoni, rivesti di nuova energia. L’improvvisazione, sempre diversa, è il piacere di raccontarsi agli altri. La gioia me l’hanno comunicata i tanti con cui ho suonato o che ho voracemente ascoltato dai dischi, senza però mai copiare nessuno. Ho sempre avuto la voglia di inventare. Mentre suono canticchio e mi chiedo sempre cosa sto facendo: così la melodia esce spontanea e si rinnova continuamente giocando sulle armonie. Cosa consiglio ai giovani? Semplice: di amare la musica. Oggi ho 30 allievi che seguo costantemente, suoniamo insieme e cerco di insegnare un metodo».
Gli brillano gli occhi: una luce che è energia pura perché nel tempo non gli è mai scomparso il desiderio di continuare a inseguire sogni e progetti. Tanti auguri, Maestro.