La Stampa, 29 gennaio 2016
Elogio del rafano (altro che il wasabi)
Tra il rafano nostrano, quasi dimenticato, e l’esotico, richiestissimo wasabi, vera gloria di onnipresenti sushi, le analogie non sono poche. Della famiglia delle crocifere entrambi e coltivati fin da tempi remoti ambedue, amanti dei climi freddi e umidi, vantano foglie belle e dignitose, di un verde tra i più attraenti. Lunghe ed ondulate le prime, larghe e a forma di cuore le seconde, potrebbero diventare un inatteso ornamento non solo per l’orto, ma anche per il giardino. Diversissima però la coltivazione: mentre il wasabi è pianta tra le più esigenti, che richiede un continuo e leggero flusso d’acqua sui suoi rizomi, forse più adatta ai sofisticati e curatissimi giardini del Sol Levante, il rafano può crescere in qualsiasi terreno, purché fresco e ben drenato, mostrando là dove si trova contento e appagato una facilità e una vigoria davvero fuori dal comune. In Francia, dove notoriamente sono ben più avanti di noi in fatto di verde pubblico, lo hanno capito già da tempo, utilizzandolo in maniera abbastanza massiccia nelle rotonde, negli spartitraffico e nelle aiuole, come foglia d’ornamento. Piante a cespo vistose e vigorose, che possono raggiungere anche il metro d’altezza, arricchendosi all’inizio dell’estate di lunghi e leggeri racemi di fiorellini bianchi a quattro petali...
Il nome
In Italia il rafano è detto barbaforte, in Francia raifort, ma dal grande Linneo fu chiamato Cochlearia armoracia, Armoracia essendo l’antica denominazione della Bretagna, dove evidentemente ne era assai diffusa la coltivazione. Tuttavia la sua origine sarebbe da ricercarsi più a Est, nelle terre baltiche e polacche, nelle fredde lande russe e sulle rive del Mar Caspio. Secondo il grande e famoso botanico Pyrame de Candolle, che tanta attenzione dedicò alla pianta di rafano, lo confermerebbero studi linguistici: il vecchissimo nome di «cren», ancora in uso in molte regioni, avrebbe infatti un’origine slava. Di certo il rafano era utilizzatissimo dagli antichi: già Demostene ne vantava le virtù mediche (ed afrodisiache) e più tardi Plinio ne consigliava l’uso per uccidere gli scorpioni. Nella tradizione ebraica poi il rafano è diventato, ad opinione unanime dei rabbini, l’erba amara per eccellenza, simbolo delle sofferenze patite durante la schiavitù in Egitto e componente essenziale del Seder, la cena della Pasqua...
Il gusto
In effetti la radice del rafano, se grattata o grattugiata, può diventare una vera tortura, per gli occhi e non solo. Il suo gusto forte e deciso è capace di rendere più briosi e frizzanti i sapori dell’autunno, quando i bianchi rizomi, carnosi e fittonanti, possono incominciare ad essere raccolti. Se si ha poi l’accortezza di crescerne qualcuno in serra o comunque al riparo, le giovani foglie, mescolate a quelle delle lattughe e dei soncini, sapranno certamente rendere meno noiose le insalate invernali. Moltiplicarlo è d’altronde facilissimo, fin troppo: bastano un pezzetto di radice, un terreno fresco, non troppo ricco e leggermente sabbioso e il gioco è fatto. Il che ha reso il rafano una pianta alquanto invasiva e difficile da contenere, tanto che spesso viene consigliato di coltivarlo in vaso o di raccoglierne i rizomi in autunno e di riporli in una cassetta di sabbia, in attesa di metterli a dimora la primavera seguente. L’importante è ricordare sempre che per il raccolto si deve aspettare almeno il secondo anno d’età.
Chi decidesse di coltivarlo, dovrebbe tenere presente che le sue esigenze sono l’opposto di quelle del rosmarino. Nei vecchi orti, dove ogni posto ed esposizione avevano un senso ben preciso dettato da un’economia intelligente e pratica, veniva fatto crescere negli angoli più negletti, meno assolati ed esposti a Nord. Spesso vicino alle patate, perché si diceva che aiutasse a tenere lontani funghi e parassiti, stesso motivo per cui talvolta era anche piantato al piede dei meli o di altri alberi da frutto. Normalmente il rafano non si semina, ma si trapianta prendendone pezzi di radice di piante adulte: umile e robusto va lasciato assolutamente tranquillo. Amando crescere in posti freschi ed umidi ha giustamente come nemico il vorace mondo di lumache, lumachine, lumaconi & C...