Il Sole 24 Ore, 28 gennaio 2016
Apple ha un tesoro di 215 miliardi che però non può usare
Con la pubblicazione degli utili di martedì, Apple ha nuovamente dichiarato una montagna di liquidità e il ceo Tim Cook si è beato di avere «la madre di tutti i bilanci». Gli oltre 215 miliardi di dollari di cassa incantano costantemente blogger e altri osservatori di mercato meno preparati, che ipotizzano la società di Cupertino possa imboccare un frenetico percorso di shopping compulsivo o impegnarsi in un buyback ancora maggiore dei titoli della società.
Allora perché Apple sta pianificando un ulteriore indebitamento, stando a quanto promesso dal cfo Luca Maestri durante la conference call di martedì? Il problema di questa montagna di contante è che gran parte di essa in realtà non è né cash, né a disposizione, e non tiene conto del debito della Mela, che vanta a bilancio circa 16,7 miliardi di dollari di disponibilità liquide e mezzi equivalenti. La maggioranza degli asset inclusi nelle riserve è nascosta però in titoli negoziabili a lungo termine, vale a dire che Apple intende lasciare questi fondi – quasi 177,7 miliardi di dollari – a maturare interessi per più di un anno. Ancora più importante, quasi tutta la liquidità e i titoli sono all’estero, in quanto proventi delle vendite al di fuori degli Stati Uniti che Apple non rimpatrierà perché dovrebbe pagarci le tasse. Maestri ha spiegato che 200 miliardi di riserve, ovvero un enorme 93%, sono all’estero, e Cook ha espressamente detto che Apple non ha intenzione di sacrificarne circa il 40% per riportare i ricavi a Cupertino. Mentre i contanti e i titoli si moltiplicano lontano dall’erario statunitense, Apple sta accumulando debito in patria. Al momento, la società conta circa 53,2 miliardi di dollari di impegni di debito a lungo termine, così come 32,2 miliardi di dollari di passività non correnti, dopo l’esecuzione di una serie di emissioni di bond, tra cui quella che si è aggiudicata il primato di più grande della storia per una società non finanziaria statunitense. E questi debiti non includono il denaro che Apple ha promesso agli azionisti, per lo più finanziato dalla vendita di obbligazioni. Dopo aver speso oltre 8,8 miliardi di dollari nel riacquisto di azioni e in dividendi nel quarto trimestre del 2015, il player si trova a poco più di tre quarti di strada del programma di distribuzione del capitale di 200 miliardi di dollari che crede possa stabilire un record per il buyback azionario del settore corporate. D’altra parte, restano gli altri 47 miliardi di dollari promessi agli azionisti. L’impegno con gli investitori è il motivo per cui Maestri ha anticipato la possibilità dell’assunzione di altro debito. «Nel 2016 abbiamo anche in programma di essere molto attivi negli Stati Uniti e nei mercati internazionali del debito, al fine di finanziare le nostre attività finalizzate alla distribuzione del capitale», ha affermato martedì il cfo. Non vi è alcun dubbio che Apple stia facendo dollari a palate con le massicce vendite di hardware, e abbia munizioni in abbondanza per sostenere potenziali acquisizioni. Tuttavia, di fronte ai numerosi post di blog che comparano sul web la montagna di cassa a disposizione della tech company con il pil di piccole nazioni o che elencano quali società potrebbe comprare con una simile cifra, bisogna ricordarsi che in realtà la Mela si sta assumendo del prestito per onorare promesse già fatte.
(traduzione di Giorgia Crespi
©2016 Dow Jones & co. Inc.)