la Repubblica, 28 gennaio 2016
Se la malattia dell’audience arriva a manipolare il corso del tempo. È la televisione, bellezza
Al dirigente di Raiuno licenziato per avere anticipato di quaranta secondi l’anno nuovo, Antonio Azzalini, andrebbero però riconosciute quelle che in criminologia credo si chiamino “attenuanti ambientali”. Sto parlando dell’ossessione dell’audience, che in televisione è una vera e propria malattia professionale. Ho visto persone brave e capaci perdere di vista qualunque criterio di buon gusto e di buon senso per inseguire il remoto impennarsi (spesso solo immaginato) dei dati Auditel. Ho visto fior di gente seguire sul monitor la programmazione delle altre reti per controllare quando le altre reti mandavano in onda la pubblicità; e scompaginare la scaletta per approfittare delle pause altrui; ho visto autori e artisti considerare meno importante il proprio lavoro (quello che si dice, quello che si canta, quello che si sceglie) e più importante lo studio maniacale del palinsesto degli altri. Perché fregare gli altri diventa più importante che servire se stessi. E tutte le volte che me ne stupivo, mi è stato risposto che non capisco come funziona la televisione. Cosa più che possibile. Ma “la televisione”, che è qualcosa di più dell’elettrodomestico che diceva Eduardo, ma qualcosa di meno di Dio, quando arriva a manipolare il corso del tempo con lo scopo (tutto da verificare) di accaparrarsi qualche gonzo in più in anticipo sulla concorrenza, forse ha bisogno di capire un po’ meglio come stare al mondo.