la Repubblica, 28 gennaio 2016
Essere George Soros. Ritratto di un rivoluzionario arancione miliardario
L’attacco a lira e sterlina. L’appoggio alle “rivoluzioni arancioni”. È tra questi due poli che si dipana la vicenda di George Soros. Questo spiega l’ambivalenza dell’attacco che gli viene sferrato dalla Cina. Si attacca lo speculatore, per colpire (anche) il difensore dei diritti umani? Perché Soros è davvero tutt’e due le cose. Di certo con 24,5 miliardi di patrimonio personale – che lo collocano nella classifica Forbes fra i trenta più ricchi del pianeta – lui è un bersaglio visibile. E nella sua vita è stato più volte al centro di “teorie del complotto”.La notorietà di Soros esplode nel 1992, quando il suo hedge fund prevede in anticipo che la lira italiana e la sterlina inglese non potranno difendere le loro parità con le monete del Sistema monetario europeo (Sme). Siamo nella preistoria dell’euro, in un sistema di cambi quasi- fissi, che vanno difesi spendendo le riserve valutarie delle banche centrali. Soros è uno dei primi a capire che Roma e Londra non riusciranno a reggere. Sullo sfondo c’è la riunificazione tedesca, il forte deficit di spesa pubblica della Germania che alimenta inflazione e induce la Bundesbank a un drastico aumento dei tassi d’interesse. Inoltre il “no” dei danesi a un referendum sul trattato di Maastricht provoca ondate di sfiducia. Risultato: una spinta dei mercati verso la rivalutazione del marco tedesco accentua le forze centrifughe rispetto a monete meno credibili. Per noi italiani resta scolpita nella memoria la maxi-svalutazione della lira, ma è il contestuale attacco alla sterlina il “colpo” più grosso messo a segno da Soros.Questo ebreo ungherese ha però altre passioni nella sua vita. La sua biografia (è scampato fortunosamente alle retate naziste, poi è sopravvissuto per miracolo alla battaglia di Budapest fra truppe sovietiche e tedesche nel 1945) lo rende ipersensibile alla minaccia dei regimi autoritari, fascisti o comunisti. È un intellettuale, ha studiato con Karl Popper alla London School of Economics. La sua passione per la democrazia lo spinge a creare la Open Society Foundation che sostiene le ong libertarie e umanitarie. Diventa uno dei soggetti-chiave, sul versante della società civile, nel promuovere la transizione dell’Europa dell’Est nel post-comunismo. Poi continua nella “seconda fase”, appoggia le cosiddette “rivoluzioni arancioni” che investono varie repubbliche ex-sovietiche. Così facendo si attira l’ostilità permanente di Vladimir Putin, che considera Soros come uno strumento delle ingerenze americane. Peraltro anche negli Stati Uniti (di cui ha preso la cittadinanza) l’impegno politico di Soros catalizza polemiche: la destra lo demonizza come il “miliardario liberal” i cui soldi finanziano le cause progressiste, nonché le campagne elettorali di Barack Obama.Con un curriculum di questo genere non c’è da stupirsi se Soros è stato sempre nel mirino della leadership cinese. Che la pensa esattamente come Putin: vede in lui uno strumento dell’imperialismo Usa.Tanto più preoccupante, perché negli ultimi tempi Soros oltre a sostenere le battaglie per i diritti umani in Cina, è diventato molto pessimista sull’economia della Repubblica Popolare. Vestendo stavolta i panni del finanziere, ha previsto che dalla Cina potrebbe nascere una crisi globale paragonabile a quella del 2008. In questo momento forse Pechino teme Soros il finanziere più che Soros il difensore dei diritti umani. Le fughe di capitali, che costringono la banca centrale cinese ad attingere alle riserve valutarie, sono la preoccupazione più acuta.