Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 28 Giovedì calendario

Franceschini dice che lui e Renzi non sapevano nulla dei nudi coperti per non turbare Rouhani • Anche gli iraniani, sui social, ci sfottono per le statue chiuse negli scatoloni • Licenziato il dirigente Rai che ha anticipato il Capodanno • Nelle nuove fiabe Disney i maschi parlano cinque volte di più delle donne • Il sessismo dei dizionari • Il carabiniere ucciso dal padre di due ragazzi condannati per droga


Nudi 1 Dario Franceschini, a proposito degli scatoloni nei quali sono state impacchettate alcune statue nude ai Musei Capitolini, tra cui la copia romana della Venere di Prassitele, per sottrarle allo sguardo del presidente iraniano Rouhani, parla di «scelta incomprensibile»: «Né il premier Renzi, né il sottoscritto erano a conoscenza di questa scelta». Chi ha deciso allora? Palazzo Chigi ha avviato un’indagine interna, ma la polemica, che già ieri aveva conquistato la ribalta mondiale, dai social network ai siti web dei giornali di tutto il mondo, è dilagata. La prima spiegazione non ufficiale, che erano stati gli iraniani a chiedere di oscurare le statue, è franata davanti al sorriso compiaciuto di Rouhani, in conferenza stampa: «Non ci sono stati contatti a questo proposito ma posso dire che gli italiani sono molto ospitali, cercano di fare di tutto per mettere a proprio agio gli ospiti, e li ringrazio per questo». L’imbarazzo è cresciuto quando, rivolgendo la domanda alla Sovrintendenza capitolina dei Beni culturali — siete stati voi? — ci si è sentiti rispondere così: «Chiedete a Palazzo Chigi. La misura non è stata decisa da noi, è stata un’organizzazione loro, non nostra». Commento di Pippo Civati: «Siamo allo scarica-cartone». (Iossa, Cds).

Nudi 2 Anche i social media iraniani sono esplosi tra battute, parole critiche per la «censura» delle statue nei Musei Capitolini, vignette (una delle quali mostra la Monna Lisa con il velo di suora). Ma soprattutto, molti stanno pubblicando le foto di statue, mosaici, miniature presenti in città e musei del Paese (ma anche esportati all’estero) che ritraggono donne e uomini senza veli. C’è la statua di Ercole scolpita nella montagna di Behistun, a Kermanshah, ai tempi dell’impero seleucide: non indossa alcuna veste e tiene una coppa in mano (ma va detto che dopo la rivoluzione islamica del 1979 qualcuno gli ha tagliato il pene). C’è il dettaglio di una donna nuda e pensosa avvicinata da un cavaliere vestito di tutto punto, dipinta sopra la porta di Casa Borujerdi a Kashan. Ci sono gli affreschi della cattedrale armena di Vank a Isfahan (qui i nudi comunque sono anime in pena all’inferno). «Se gli ayatollah davvero non volessero vedere nudi è chiaro che opere come queste non sarebbero esposte», scrive su Facebook una studentessa di nome Setareh. Sulla sua pagina: una statuetta di terracotta maschile con generosi attributi tenuta nel Palazzo Saadabad a Teheran e un mosaico di stile greco-romano di una donna che suona l’arpa a seno scoperto emerso da scavi a Bishapur. Setareh se la prende con il governo italiano, accusandolo di trattare gli iraniani come «barbari incivili». Da Teheran Said Sadegh, su Twitter, commenta divertito: «Sono sicuro che anche Rouhani è arrabbiato. Dopo tanto tempo, era finalmente arrivato a Roma, pronto a vederne le bellezze, e questi italiani gliel’hanno impedito». «Con gli affari che ci sono in ballo non mi sarei stupito se gli italiani avessero addirittura distrutto le statue», scrive in farsi un altro utente che si identifica solo come H (Mazza, Cds).

Rai La Rai ha mandato a casa su due piedi Antonio Azzalini, il dirigente che anticipò il Capodanno di 40 secondi per catturare più spettatori. Risoluzione immediata del rapporto di lavoro, la massima sanzione disciplinare «per gravi violazioni dell’obbligo di diligenza, correttezza e buona fede che hanno leso irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’Azienda». Non solo. Al capostruttura, responsabile dell’intrattenimento di Raiuno, è stato anche addebitato il mancato controllo editoriale sugli sms di auguri, tra i quali era filtrata una bestemmia. La linea di difesa del funzionario, in Rai da 15 anni, che aveva sostenuto come bluffare sui tempi sia prassi diffusa in tv, non solo è stata respinta, ma è stata considerata un’aggravante. Nonostante i consiglieri di amministrazione gli avessero chiesto una certa clemenza, il dg Antonio Campo Dall’Orto ha preferito la punizione esemplare: «La nostra missione è essere credibili. Ottenere qualche punto di share in più a scapito del rapporto fiduciario con i cittadini non è ammissibile e il pubblico non può diventare uno strumento, peggio ancora se per tornaconto personale». Non si aspettava una condanna così grave, Antonio Azzalini, che tuttavia ha già dato mandato ai suoi legali Giorgio Assumma e Domenico D’Amati — tanto famosi quanto agguerriti — di presentare un immediato ricorso, puntando sia sui vizi formali del provvedimento che sulla sostanza della decisione, ritenuta sproporzionata (G. Ca., Cds).

Fiabe Uno studio dei linguisti Carmen Fought e Karen Eisenhauer dimostra che negli anni Cinquanta, nelle fiabe Disney, le eroine parlavano molto più di quelle venute dopo, ridotte quasi al mutismo. In Biancaneve (1937) le donne si esprimevano al pari degli uomini: 50 a 50; in Cenerentola (1950) la percentuale era 60 a 40 a loro favore, mentre nella Bella addormentata (1959) arrivavano addirittura al 71 per cento. Nella nuova stagione delle principesse disneyane seguita alla morte di Walt Disney e inaugurata dalla Sirenetta, la presenza vocale delle donne è andata calando: nei cinque film che hanno seguito la Sirenetta gli uomini parlavano tre volte in più delle donne (Agnese, Cds).

Dizionario 1 L’Oxford Dictionary è stato attacato a causa di alcune espressioni sessiste contenute negli esempi che servono a spiegare i vari lemmi. Ad esempio alla voce “asfissiante” (nagging), il dizionario parla di una “donna asfissiante”, mentre gli aggettivi “stridulo” (shrill) e “sgradevole” (grating) sono associati al tono vocale femminile. Per il termine “psiche” si rimanda invece all’ “incomprensibile anima femminile”. È stato Michael Oman-Reagan, professione antropologo, a scatenare il caso twittando questi ed altri casi per denunciare il linguaggio sessista del monumentale vocabolario. Nella sua lista c’è anche rabid (rabbioso) spiegato ricorrendo all’immagine della femminista e la parola housework (faccende domestiche), dove è “lei (she, e non lui, he) che “svolge le faccende di casa”. La questione invece è rimbalzata sui social, costringendo l’Oxford Dictionary a intervenire e finendo su Guardian e Indipendent. In un primo momento la risposta della redazione del dizionario si è tenuta su toni scherzosi. Poi la giustificazione: «Le nostre frasi sono prese dal mondo reale, dal linguaggio d’uso». Il terzo passo è stato una resa: cambieremo le espressioni incriminate (De Santis, Rep).

Dizionario 2 Nello Zingarelli 2016 leggiamo che si può “accettare una donna per moglie”, come se si trattasse di una dote in regalo. Mario Cannella, lessicografo responsabile della revisione annuale del dizionario, racconta che negli anni è stato fatto un duro lavoro per evitare simili inciampi: «Abbiamo cercato di ridurre al minino gli esempi sessisti, ma un vocabolario deve essere anche la testimonianza di epoche, non può censurare la realtà». Qualcosa però è sfuggito, se l’aggettivo “acido” è accompagnato dalla frase “una donna molto acida” e se ad essere “lamentevoli” sono solo le donne, mai gli uomini, così come ad essere “linguacciute”, “pettegole” e “traditrici” (ibidem).

Delitto Antonio Taibi, 47 anni. Originario di Palermo, maresciallo dei carabinieri a Carrara, noto come il «gigante buono», «sempre pronto ad aiutare la gente», sposato con Maria Vittoria, padre di due figli, Carlo di 17 anni e Gianni di 15, otto anni fa aveva arrestato per droga Alessandro e Riccardo Vignozzi, 26 e 31 anni, figli dell’ex postino Roberto, 72 anni. Costui da allora gliel’aveva giurata: «Ha rovinato i miei figli, ha distrutto la mia famiglia». Martedì Alessandro e Riccardo erano stati condannati per direttissima a 1 anno e 8 mesi di carcere (da scontare ai domiciliari) per un’altra storia legata alla droga. Una vicenda nella quale nessun ruolo aveva avuto il maresciallo Taibi. In più Riccardo, un paio di anni fa, aveva messo a segno quattordici furti nelle scuole travestito da Diabolik, da sempre il suo eroe dei fumetti. «Volevo festeggiare il suo cinquantesimo compleanno», aveva raccontato alla polizia. Alessandro, la sera di martedì, sul suo profilo Facebook scrisse: «Ora ci facciamo due rise.... vediamo chi è il zoppo che li piace zoppicare con l’infame........». La mattina dopo, alle sette e mezza, il Vignozzi padre citofonò al carabiniere: «Sono il professore di musica suo figlio, ho bisogno urgentemente di parlarle, dovrebbe scendere». Il carabiniere preoccupato scese dalle scale a passo svelto, dal terzo al pian terreno, e trovò di fronte l’ex postino che estrasse la pistola regolarmente detenuta e gli sparò un colpo dritto nel cuore. Dopo l’arresto, disse che voleva «difendere i figli» e «dare una lezione a quel carabiniere». Alle 7.30 di mercoledì 27 gennaio in via Monterosso, centro di Carrara (Gasperetti, Cds).

(a cura di Roberta Mercuri)