La Stampa, 26 gennaio 2016
Venerdì si ridisegna un nuovo Medio Oriente anche con Teheran. Intervista a Staffan de Mistura, l’inviato Onu che riapre i negoziati
Staffan de Mistura ha annunciato che venerdì 29 gennaio ripartiranno i negoziati per arrivare a un cessate il fuoco del conflitto siriano. Dovevano cominciare ieri; i veti incrociati sui gruppi della galassia siriana, anti-Assad, islamisti e non, da mettere attorno a un tavolo hanno tenuto congelato fino all’ultimo gli sforzi dell’inviato Onu costringendolo ad allungare i tempi.
Ambasciatore, manderà gli inviti?
«Domani [oggi, ndr] li spedirò»
A chi?
«A un parterre il più inclusivo possibile».
Chi c’è nella lista degli invitati?
«Il messaggio che ho ricevuto dalle Nazioni Unite è che debbo poter scegliere chi chiamare, esponenti della società civile, donne, chiunque in Siria abbia voce in capitolo».
Oggi l’opposizione anti-Assad che s’ispira ai sauditi si raduna per decidere se sarà della partita. Ottimista?
«Molti gruppi se ne andranno perché sono arrabbiati, ma è fisiologico. Noi dobbiamo provare. Ma è tutta in salita».
Ankara non vuole i curdi?
«Nella lista dell’opposizione saudita ci sono anche loro. Andiamo avanti».
Quando si è sbloccata la situazione?
«Quando ho avuto coscienza che Stati Uniti e Russia avevano mostrato la convinzione di portare a casa un risultato concreto».
Quale dovrebbe essere?
«Il cessate il fuoco. Ogni giorno che passa aumenta la crisi umanitaria e militare. I siriani sono quindi interessati se la loro vita – o morte – è toccata da quel che succede a Ginevra».
È riuscito anche a mettere d’accordo iraniani e sauditi?
«Entrambi sanno che in Siria non c’è soluzione militare»
La crisi fra le due potenze regionali divampata a inizio anno con l’uccisione di Al Nimr e l’assalto dell’ambasciata saudita a Teheran ha messo a dura prova la stabilità regionale. Quanto ha temuto per il suo lavoro di mediazione sul fronte siriano?
«Sono andato subito in Iran e a Riad per provare a fermare l’escalation, la mia impressione è che le parti non abbiano alcuna intenzione di volersi danneggiare a vicenda. Anche se la guerra per procura continuerà».
Ha visto Rohani a Roma? L’Iran è tornato protagonista nel consesso internazionale...
«Era impossibile una soluzione della crisi siriana senza includere Teheran nel dialogo. Ora gli iraniani ci sono».
Non tutti erano d’accordo?
«C’erano mugugni, ma mai contrarietà. E ora che è nel club l’Iran ha manifestato la volontà di giocare con le carte sul tavolo».
Cosa vogliono gli iraniani?
«Sono pronti a negoziare idealmente con Riad su una architettura regionale che comprenda Yemen, Libano, Iraq e Siria»
Senza Assad?
«Il suo ruolo verrà deciso dalle elezioni che dovremo organizzare con le Nazioni Unite, sarà il popolo siriano a decidere».
Intanto i russi continuano a proteggerlo, vero?
«Mosca era preoccupata prima dal crollo del suo governo, ora ritengono che in Siria possa riprodursi una situazione simile alla Libia o all’Iraq».
Come leggono i sauditi questo ritorno alla ribalta di Teheran?
«Per loro l’Iran resta sempre una minaccia, ma come gli stessi iraniani, sentono il pressing della comunità internazionale e non vogliono la colpa per aver fatto saltare i negoziati».
Ha detto che dureranno sei mesi: saranno tutti d’un fiato?
«No, a tappe, due-tre settimane poi ci ai aggiorna. Ma è importante che ad ogni step i siriani possano misurare effetti positivi per la loro vita».
Metterà tutti intorno a un tavolo?
«Impossibile, ci sarà un approccio con incontri a latere alla mia presenza. Poi quando ci saranno convergenze più ampie, farò incontrare gli interlocutori».
Ambasciatore, lo Stato islamico è veramente il nemico di tutti o ci sono delle timidezze?
«Per tutti è il vero nemico, ma...».
Ecco il distinguo...
«No, tutti vogliono una formula che tolga all’Isis qualsiasi scusa perché possa essere percepita da qualcuno come difensore dei diritti negati ai sunniti. Ecco perché in Siria servirà una governance inclusiva che premi anche chi finora è stato escluso dal potere. Mi riferiscono ai sunniti ma anche ad altre minoranze».
Quella siriana è una guerra religiosa?
«Di più: è Iran contro Riad, sciiti contro sunniti e la guerra dell’Isis per difendere i sunniti. Con l’accordo dobbiamo anche togliere l’acqua che alimenta l’Isis perché senza una vera intesa è lo Stato islamico l’unico a vincere nel conflitto siriano».