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 2016  gennaio 26 Martedì calendario

Alessandro Profumo si è comprato una banca, Equita

Il riassetto si è compiuto ieri con il definitivo passaggio di testimone: incassato il via libera di Banca d’Italia Alessandro Profumo e il management hanno completato l’acquisto del 50,5% di Equita detenuto da J.C. Flowers & Co. L’operazione è stata realizzata attraverso il veicolo Turati 9, partecipato da Profumo (53,5%), da Francesco Perilli, Fabio Deotto, Matteo Ghilotti, Stefano Lustig, Andrea Vismara, insieme detentori di un 24%, e da Manco spa (22,5%), quest’ultima già socia di Equita con il restante 49,5% e facente capo sempre al management.
All’interno di questa dinamica, l’assetto di vertice si conferma composto da Profumo presidente, Thierry Portè, partner del fondo J.C. Flowers & Co, vice presidente e Perilli amministratore delegato.
«È una partnership che rende Equita una banca d’affari completamente indipendente e priva di qualsiasi conflitto di interesse», ha esordito Profumo in questo colloquio con Il Sole 24 Ore. Una partnership che ha ben chiara la missione della merchant bank: «Abbiamo due tipologie di clienti, da un lato 450 investitori globali, del quale il 36% italiani, e dall’altro piccole e medie imprese e grandi aziende. L’intenzione è di trovare un elemento di raccordo tra le due componenti». E per farlo verrà certamente consolidato uno dei due pilastri che oggi sorreggono il giro d’affari della banca. «Le attività chiave, altre alla Ricerca che è fondamentale per la nostra dinamica di business, sono il Brokeraggio, che vale il 50% del fatturato – spiega Profumo – e l’Investment banking. E proprio per quest’ultimo abbiamo in programma un rafforzamento della struttura». Ad oggi vi lavorano circa 25 persone e l’intenzione sarebbe quella di allargare il team. A ciò si aggiungeranno nuove direttrici di sviluppo, un paio delle quali sono del tutto nuove. «Stiamo arrivando al primo closing di un fondo di credito e abbiamo una piccola attività di asset management che gestiamo per una banca private, si tratta di circa 250 milioni di asset. Intendiamo allargare l’ambito di azione aprendo il dialogo con altri interlocutori istituzionali», sottolinea il presidente di Equita che, allo studio, ha poi un’altra novità: «Stiamo valutando l’opportunità di raccogliere dei capitali permanenti per sostenere la crescita delle imprese in Italia». L’idea è, in altre parole, quella di costituire una financial holding che entri nel capitale delle aziende, anche con quote di minoranza, per sostenerne lo sviluppo. La caccia ai fondi sarebbe già partita. Anche perché, come aggiunge Profumo, «si punta a realizzare il piano in un arco temporale di massimo tre anni». Lo scopo è di provare a dare un contributo per superare uno degli annosi temi legati alla dimensione delle imprese italiane. Intervento che si sposa con un altro aspetto che nelle recenti vicende di Borsa ha mostrato il lato più negativo: la scarsa presenza di investitori italiani sul listino di Piazza Affari. «Alla Borsa di Londra il peso degli investitori inglesi è al 55% da noi quelli italiani valgono appena il 20%». Soglia che, è l’auspicio di Profumo, deve aumentare.
Sul valore della transazione il numero uno, nonché azionista di peso, ha preferito non dare indicazioni, anche se in passato erano circolate cifre che valorizzavano l’intera Equita tra i 60 e gli 80 milioni di euro. Quanto alla governance, Turati 9 verrà gestito grazie a un patto parasociale che impone il via libera unanime su alcuni temi chiave mentre per altri richiede il voto favorevole di almeno cinque dei sei partner.