la Repubblica, 26 gennaio 2016
Sugli slip del vigile di Sanremo che non devono diventare il simbolo del fancazzismo italiano
Detto che timbrare il cartellino in mutande non è elegante; e aggiunto che una bella regolata, nel pubblico impiego, è molto necessaria e molto attesa; forse si sta un po’ esagerando con il vigile di Sanremo e i suoi slip, eretti a icona criminale, sputtanati e sbeffeggiati ovunque, dai telegiornali ai giornali ai social, e ancora ieri l’altro, mesi dopo i fatti, usati come copertina di un talk show televisivo. Si capisce che quell’immagine è efficace, e indicativa di un tran tran non proprio da “civil servant”. Ma se vista una volta suscita disapprovazione e fa scuotere la testa, vista la seconda non aggiunge nulla, e vista la centesima rischia di far sembrare quel vigile un tordo infilato in uno spiedo esagerato, e condannato a una cottura senza fine. Se esistono i diritti dell’imputato, è proprio nei momenti di maggiore impopolarità del medesimo che è importante mantenerli ben saldi. Se quel signore ha disatteso, come pare che sia, i suoi doveri, vada incontro alla sua sorte ( il licenziamento). Ma gli si risparmi il supplizio supplementare di fungere da Simbolo Vivente del fancazzismo e della sciatteria, perché una foto è una foto, poi c’è la vita delle persone a ricordarci che il peso della realtà, nel bene e bel male, non è riassumibile in un fotogramma.