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 2016  gennaio 24 Domenica calendario

I numeroni tedeschi e i numerini italiani. Parliamo un po’ di banche e sofferenze

Il numerone dei non-performing loans italiani, che in base alla definizione europea ammonta a 337 miliardi e di cui fanno parte i 200 miliardi di “sofferenze” oltre ad incagli e altri prestiti cattivi, è indubbiamente alto. Ed elevate sono anche le stime – le più pessimistiche espresse in decine e non in centinaia di miliardi – sull’entità delle ricapitalizzazioni o delle garanzie di Stato necessarie a rafforzare una volta per tutte il sistema bancario in Italia. Questi numeri non sono più giganti, diventano “numerini” quando messi a confronto con i 5.763 miliardi di aiuti di Stato approvati dal 2008 negli anni di picco della crisi finanziaria nella Ue a 27: una cifra mostruosa che però si sgonfia subito a 1.540 miliardi quando circoscritta ai soli interventi effettivamente realizzati (le approvazioni “usate”). Ammontare che cala ulteriormente soppesando le diverse tipologie di intervento: per esempio, le garanzie di Stato, che rappresentano lo strumento all’epoca più usato tra tutti, scadono nell’arco di pochi anni e comunque nascono “contingent”, cioè potenziali, in quanto vengono contabilizzate a gravare sul debito pubblico solo se e quando escusse.
Si spiega anche per questo perché i numeri ballano, e perché alla Germania si imputano 500 miliardi di interventi (che salgono a 662 di aiuti approvati per la Germania nel periodo 2008-2014) e perchè le autorità tedesche replicano con propri numeri micro contro la manciata di miliardi effettivamente spesa finora dall’Italia.
Mentre è vero che l’Italia può vantarsi a tutt’oggi di entrare nella rosa ristretta dei Paesi Ue che hanno fatto meno ricorso all’aiuto di Stato per soccorrere le banche, è altrettanto vero che gli interventi a sostegno del sistema finanziario sono stati e restano ad oggi una materia fluida, con valori dinamici che cambiano e calano – molto – nel tempo. Proprio per questo viene da chiedersi se all’Italia non fosse convenuto intervenire negli anni della recessione e quando lo facevano tutti i big, da un lato per evitare la gogna mediatica di oggi e dall’altro lato per ritrovarsi ora un sistema bancario più efficiente e più solido in grado di finanziare a massimi giri una crescita economica molto debole.
Tutto è relativo. Tra ottobre 2008 e dicembre 2010, un totale di aiuti di Stato Ue per 4.285 miliardi è stato approvato, ma ne sono stati usati 1.240 suddivisi in garanzie (757), ricapitalizzazioni (303), bad banks (104) e altri tipi di liquidità tramite prestiti (77). Germania, Francia e Gran Bretagna hanno fatto propri il 60% di questi aiuti concessi in quel periodo da Bruxelles: ma con percentuali più basse sul totale degli impieghi bancari rispetto agli aiuti dati a Grecia e Irlanda.
Nel periodo 2008-2013, sui soli aiuti utilizzati, la Germania risulta nelle tabelle Eurostat con 64,17 miliardi di ricapitalizzazioni contro i 7,95 dell’Italia. Tuttavia il fondo di stabilità tedesco Soffin (in via di chiusura) al luglio 2015 registrava 15,8 miliardi di interventi di ricapitalizzazione per Aareal Bank, Commerzbank, HRE gruppe, WestLb (scesi dal picco di 29,4) e 9,3 miliardi per il trasferimento di non- performing loans (quando poi l’impatto sui conti pubblici dell’impaired lasset relief è dato dalla differenza tra il prezzo di mercato e il prezzo di acquisto maggiorato, con maggiorazione a carico dello Stato).
In quanto alle garanzie, al picco della crisi nel 2009 la Germania ne ha uste per 135 miliardi (4,93% del Pil) contro gli 86 miliardi dell’Italia (5% del Pil), anche se poi nel 2013 questa voce risultava essersi sgonfiata per la Germania a 3 miliardi ma a quota 81 miliardi per l’Italia. Nel 2008-2013, la Germania tra l’altro ha incassato 6,22 miliardi di commissioni sulle garanzie, l’Italia 1,42.
Alcune operazioni di salvataggio delle banche hanno avuto effetti sul debito, altre sul deficit, altre ancora sono state neutrali. La Germania attribuisce a questi interventi un impatto quasi del 10% del debito/Pil tra 2009 e 2010: il debito tedesco è salito da 1.780 miliardi (72,5%) a 2.090 (81%) mentre quello dell’Italia è passato da 1.770 miliardi (112,5%) a 1.850 (115,3%). Quel che separa l’Italia dalla Germania più che i numeri è il fattore- tempo, divenuto ora avverso: dei quattro tipi di aiuti di allora (ricapitalizzazioni a carico dello Stato, garanzie, bad banks e liquidità), è rimasto poco o nulla.