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 2016  gennaio 24 Domenica calendario

L’eccentricità di Carlo Portelli è di nuovo in mostra

Nel braccio destro della Tribuna del David all’Accademia, anche il visitatore meno disposto a lasciarsi distogliere dalla contemplazione del colosso di Michelangelo non può non lasciarsi attrarre dalla guizzante sinuosità di un’Eva, il cui nudo abbagliante è sapientemente valorizzato da un trasparente perizoma con ciuffi di pelliccia da far invidia all’intimo made in Florence di Roberto Cavalli. La pala con l’Allegoria dell’Immacolata Concezione cui quest’Eva appartiene è nelle raccolte dell’Accademia, ma proviene dalla chiesa d’Ognissanti ed è il capolavoro, datato 1566, di un pittore poco noto, Carlo Portelli da Loro, nel Valdarno. Con la sua torsione serpentinata, l’Eva è la miccia di un fuoco d’artificio di inversioni e moti contrapposti che si propagano dall’asse verticale dell’albero del Bene e del Male dove, in alto, la Vergine «vestita di fiamma», schiaccia il serpente, riscattando dalla colpa originale l’irrequieta Eva che, pur inerpicandosi, ha ancora il viso significativamente rivolto verso il basso.
Più di vent’anni prima, un disegno donato da Vasari a Pietro Aretino, imperniato come quest’Eva sul virtuosismo di un nudo che mostra «il dinanzi e il di dietro», aveva estasiato il temibile letterato, che non aveva esitato a definirlo un’irresistibile «calamita degli occhi». Firenze resistette a lungo alla gelata controriformista, ma nel 1584, a soli 18 anni dalla sua inaugurazione, la pala di Portelli (che era morto dieci anni prima) subì una condanna senz’appello. Raffaello Borghini, in un suo trattato, latrò con sdegno contro quella «gran feminaccia ignuda che mostra tutte le parti di dietro» e poco dopo, la pala fu relegata in convento e la scostumata pudicamente ricoperta da uno spesso manto di pelliccia. Nel 2003 un provvidenziale restauro ha restituito alla pala il “primitivo splendore” e ad Eva il suo malizioso négligé. Attorno a questo misconosciuto capolavoro della Maniera, la Galleria dell’Accademia ha raccolto quasi l’intero catalogo noto delle opere di Portelli, circa 50 dipinti e disegni, realizzando una rassegna monografica che chiarisce in modo esemplare quale debba essere il senso di una parola spesso usata a sproposito: valorizzazione ( Carlo Portelli. Pittore eccentrico tra Rosso Fiorentino e Vasari, a cura di Lia Brunori e Alessandro Cecchi, fino al 30 aprile). Portelli (1500/1505-1574) ebbe in sorte di fiorire in un’epoca e in una città che sfornava a getto continuo talenti ineguagliabili, come Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino, il Pontormo, Ridolfo del Ghirlandaio, tutti più anziani di lui, oppure come Bronzino, Francesco Salviati e Giorgio Vasari, che erano invece più giovani. Pur non potendo ambire a quelle vette, però, Portelli seppe trarre partito dalla lezione di quei maestri, arricchendo la sua pittura, già di per sé insaporita da una vena eccentrica e ghiribizzosa, di aromi speziati che la impreziosiscono, rendendola inconfondibile nel suo coerente eclettismo, che mescolava le maniere dell’uno o dell’altro a seconda dell’estro, ma soprattutto del genere pittorico che di volta in volta era chiamato a realizzare. In altri termini, al pari di Michele di Ridolfo e Pierfrancesco Foschi, che furono suoi coetanei, Portelli figura degnamente, sia pure in seconda fila, nella foto di gruppo dei protagonisti della pittura fiorentina del pieno ‘500 e questa mostra, che fa la gioia di noi addetti ai lavori, sarà guardata con profitto anche dalle migliaia di visitatori che affollano la Tribuna del David. Grazie ad essa, infatti, non solo sapranno contestualizzare l’Eva discinta e la sua pala, ma comprenderanno meglio anche la smisurata bellezza del colosso giovanile di Michelangelo e delle sconvolgenti sculture che lo scortano nella Tribuna, ingaggiando con le loro torsioni un’eterna lotta per liberarsi dal blocco che le imprigiona.