Il Messaggero, 24 gennaio 2016
Quanto costa cancellare il Trattato di Schengen
Che si tratti dell’agenzia di rating Moody’s, del think tank di politica economica Bruegel, della Fondazione per l’Europa Jacques Delors, di un commerciante di fiori di Amsterdam, di un transfrontaliero che abita a Hendaye e ogni mattina va a lavorare a San Sebastian o di un belga che da dieci anni porta la famiglia al mare in Portogallo, sono tutti d’accordo: la fine di Schengen costerebbe una fortuna, imporrebbe cambiamenti drastici di abitudini che sono diventati vita quotidiana, farebbe aumentare i prezzi anche molto lontano dalle frontiere che bisognerebbe richiudere. I recenti dibattitti sulla possibile fine della libera circolazione di persone e merci in Europa ha spinto più d’uno a fare i conti.
LE CONSEGUENZE
Le voci da contabilizzare sono diverse: il turismo (da archiviare, per esempio, il “pacchetto” del tour delle capitali europee proposto a milioni di turisti extra Schengen), i lavoratori transfrontalieri (sono un milione e 700 mila), l’impatto per gli autotrasportatori (costretti almeno a raddoppiare i tempi), per i produttori di merci (soprattutto quelle deperibili), le ricadute sui prezzi dei beni di consumo, e infine il costo per gli Stati, costretti a rimettere in piedi dispositivi tecnici di controllo, posti di dogana, e personale (l’ex premier francese François Fillon ha parlato di recente di «costi proibitivi»). La libera circolazione delle merci e delle persone «ha dato una sferzata all’economia europea e rafforzato l’integrazione tra i membri dell’area Schengen – si legge in un rapporto di ottobre di Moody’s – la fine delle code alle frontiere ha drasticamente ridotto il costo dei trasporti e aumentato il commercio all’interno della zona». Gli stati dell’eurozona realizzano all’interno dell’area Schengen circa il 70 per cento dei loro scambi internazionali. A titolo di esempio, secondo Daniel Mirza, docente di Economia all’università di Tours, «gli accordi di Schengen hanno aumentato di 4,8 miliardi di euro l’anno le esportazioni della Francia verso la Spagna». Considerando che oltre il 50 per cento delle merci scambiate dentro Schengen sono trasportate su strada, la federazione dei trasporti olandese è stata la prima ad azzardare una previsione in caso di richiusura delle frontiere: 600 milioni di euro in meno in un anno. L’industria europea delle spedizioni-espresso immagina perdite di almeno 80milioni di euro annui. Anche il presidente della Commissione Juncker ha fatto qualche calcolo e ha parlato di una perdita netta di 3 miliardi di euro per i tempi più lunghi alle frontiere causati dai controlli parziali ristabiliti negli ultimi mesi. In media, secondo il presidente della Commissione, si può immaginare una spesa extra di 55 euro a mezzo per ogni ora di attesa alla dogana. Basta pensare che dentro Schengen sono circa 60 milioni i mezzi di trasporto merci che circolano ogni anno. L’unico conto globale arriva dal Fondo Monetario Internazionale, che ha stimato il beneficio sull’interscambio comunitario tra 1 e 3 punti percentuale. Questo significa tra i 28 e i 50 miliardi di euro guadagnati grazie al commercio senza frontiere cui si dovrebbe rinunciare cancellando Schengen.