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 2016  gennaio 24 Domenica calendario

Il mercato ha colpito le banche (e non solo quelle italiane) semplicemente perché ha ragionato

Prezzi irragionevoli, speculazione, attacco all’Italia, manovra degli stranieri per conquistare le nostre banche a prezzi in saldo. Tanto per cominciare, la caduta ha riguardato tutta l’Europa, non solo l’Italia. Il calo delle Borse è cominciato a dicembre con la decisione della Bce (che ha cominciato a rinnegare) di non aumentare l’espansione monetaria, ritenendo che non ci sia rischio di deflazione. Scenario che il mercato non ha condiviso. La deflazione comporta che il fatturato delle aziende non cresca: quindi margini compressi, meno cash flow, più difficoltà a rimborsare i debiti. In questo scenario, i titoli in Borsa cadono; quelli bancari di più. Da inizio anno l’indice EuroStoxx ha perso circa il 7%; quello delle banche europee quasi il 15%. In Italia, alcuni titoli come Intesa o Bpm hanno perso di meno (12%); Unicredit, quanto Deutsche Bank o Banco Popular (22%); Mps e Carige molto di più (38%). Non ha senso pertanto parlare di attacco all’Italia: il mercato ha penalizzato in modo selettivo alcune nostre banche. Stesso discorso per le valutazioni. Il settore bancario europeo vale oggi in media appena il 60% del patrimonio. Ma Intesa o Bpm valgono di più (96% e 80%); Unicredit e BPER (circa 50%), come Societé Generale o Credit Agricole; Banco Popolare (38%), come Commerzbank; Mps e Carige molto di meno.
La penalizzazione di alcune nostre banche è il risultato di una ristrutturazione del settore mai affrontata con risoluzione e di alcuni errori delle autorità. Il primo è non aver compreso le conseguenze della cessione dei crediti delle 4 banche in dissesto al Fondo di Risoluzione a 18 cent. Un prezzo stabilito proprio dalle banche italiane, che finanziano il Fondo, e che hanno così offerto al mercato un’informazione cruciale per valutare i loro attivi: bastava una calcolatrice per stimare in circa 35 miliardi la svalutazione, ovvero il 25% di capitalizzazione in meno del settore.
La caduta del valore in Borsa non implica però né che la banca sia a rischio di dissesto, né che debba fare un aumento di capitale. E qui si innesta il secondo errore. La Bce con un improvvido comunicato è sembrata richiedere una verifica degli accantonamenti; e contemporaneamente il Governo ha annunciato l’arrivo di una bad bank che comprerà le sofferenze a prezzi di “mercato”. La Borsa ha capito che la Bce imponesse l’adeguamento delle sofferenze ai prezzi ai quali potevano poi essere ceduti alla futura bad bank, ovvero 20 cent., o poco più. Facile calcolare una stima dell’ipotetica svalutazione, per poi verificarne l’impatto sul capitale; e capire se c’è rischio di una ricapitalizzazione e/o ristrutturazione del debito subordinato, visto il nuovo meccanismo di risoluzione. Ipotizzando una svalutazione pari alla differenza tra le sofferenze a bilancio di ciascuna banca (per esempio, 36 cent. per Mps, 37 per Intesa, 40 per Carige) e 20 cent., più un altro 8 cent. per i vecchi incagli, e dividendola per il Tier della banca, si va da un impatto massimo per Intesa pari al 10% del Tier 1, al 12% di Unicredit, 18% di Carige, 28% di Mps. Questi rapporti spiegano le valutazioni relative del mercato, che dunque è stato razionale.
C’è di più. I vecchi incagli sono un indicatore delle sofferenze future; ma mentre per Intesa o Unicredit sono circa il 50% delle posizioni deteriorate, salgono al 62% per Mps e al 65% per Carige; che sono penalizzate anche per questo. Infine si può verificare che la svalutazione così stimata spazzerebbe l’intero nominale dei subordinati di Mps e Carige (Tier 2 di 2,6 e 0,5 miliardi), mentre è molto meno della metà per Intesa. Ecco perché i subordinati di Mps e Carige sono crollati, mentre Intesa ne ha appena collocato uno con successo. Tuttavia, Mps e Carige non potranno cedere in blocco le sofferenze alla bad bank e ricapitalizzarsi anche convertendo i subordinati in azioni, come dovrebbe avvenire, perché (terzo errore!) i subordinati sono stati collocati a suo tempo presso i risparmiatori. Scandaloso che non si sia pensato di imporre alle banche il buy back di questi subordinati in previsione della norma sul bail in. La futura bad bank, infine, non sarà risolutiva: la ventilata garanzia statale servirà solo a migliorare di poco il prezzo di acquisto delle sofferenze rispetto ai 20 cent. ipotizzati, visto che l’Europa, fortunatamente, impedisce al Governo di far pagare al contribuente le perdite delle banche.
Chi è causa dei propri mali, non dia la colpa al mercato.