Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 22 Venerdì calendario

La storia di Lillo Giambalvo, l’uomo che si farebbe 30 anni di galera pur di proteggere Matteo Messina Denaro

Quell’incontro con ‘u zu’ Ciccio Messina Denaro, padre del superlatitante a capo di Cosa Nostra trapanese (e morto anch’egli da latitante) gli procurava lacrime di nostalgia: “‘Entra, Lillo prenditi il caffè’, ‘oh zu’ Cicciu assa benerica’, minchia ci siamo abbracciati e baciati, io ogni volta che lo vedevo mi mettevo a piangere… abbiamo fatto mezzora di pianto tutti e due… ‘Lillo come sei cresciuto? Lillo…’, e io mezzora di pianto…”, raccontava al telefono Lillo Giambalvo, consigliere comunale di Castelvetrano eletto tra i centristi di Articolo 4, arrestato ma poi assolto dall’accusa di favoreggiamento al superlatitante. Che siano stati incontri realmente avvenuti o spacconate per “accreditarsi” con i suoi interlocutori, per i giudici quelle parole non sono state sufficienti per una condanna (il Tribunale di Palermo lo ha assolto nel dicembre scorso), ma adesso che il prefetto di Trapani, applicando la legge, ha rimosso la sospensione dalla carica, Giambalvo, sedicente fan di Messina Denaro, può tornare in consiglio comunale, a palazzo Pignatelli.
Un fan, a sentire le intercettazioni dei carabinieri, davvero sfegatato: “Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo, rischierei! La verità ti dico! Ci fossero gli sbirri qua? E dovessi rischiare a mettermelo in macchina e farlo scappare, io rischierei. Perché io ci tengo a queste cose”.
Ci teneva tanto da specificare senza dubbi la sua scelta di campo a favore dei boss, arrivando a ipotizzare l’omicidio di un figlio del pentito, Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Messina Denaro: “Minchia se ti racconto l’ultima. Cimarosa collaboratore di giustizia! Lorenzo Cimarosa! Minchia!! È su Internet, cose tinti (brutte, ndr) picciotti miei. Si fussi iè Matteo appena iddu… accussì latitante iè ci ammazzassi un figghiu… e vediamo se continua a parlare… perché come si fa? Minchia chiuddu di dintra! Ehh iddu docu… tutti possono parlare tranne lui! Se lo devono bloccare s’hanna smuovere”.
Parole che hanno provocato la reazione di uno dei figli di Cimarosa, Giuseppe, che su Facebook ha scritto: Giambalvo “torna a svolgere il suo ruolo di consigliere con una faccia come il cuoio e senza un minimo accenno di dignità, rimesso al suo posto da quella stessa legge che dovrebbe cambiare in meglio questa terra, credo non ci possa essere sconfitta peggiore per tutte le persone che si impegnano ogni giorno per rendere migliore questo paese! Potevo tollerare che fosse rimesso in libertà, se la legge lo avesse ritenuto opportuno… ma non posso tollerare di vivere in una Castelvetrano che riaccoglie un tale personaggio tra le mura del suo Consiglio comunale. Qui a perdere non è solo la giustizia… ma anche il buon senso”. Visto, peraltro, che tra i primi argomenti su cui dovrà pronunciarsi, nel prossimo consiglio comunale convocato il 25 gennaio, c’è l’annessione del Comune di Valderice al consorzio trapanese per la legalità e sviluppo. “C’è una parte della città (difficile dire quanto estesa) che, a prescindere dalla sentenza di assoluzione, è comunque indignata da questo ritorno – scrive su TP24.it il giornalista Egidio Morici – c’è da chiedersi quanto la classe politica locale possa ritenere opportuna la presenza del ritrovato consigliere”.