Corriere della Sera, 22 gennaio 2016
Scommesse, la guerra del tennis si gioca sui social a colpi di supposizioni, sospetti e accuse
«Fatti, non supposizioni!». Il tweet di Martina Navratilova è tagliente e definitivo come le volée mancine con cui ha inciso nella carne 18 titoli Slam (più tutto il resto). E plana su un Australian Open pallido e con le occhiaie, stravolto dallo scandalo del tennis-scommesse: tanto fumo con pochissimo arrosto in pentola. 16 top-50 degli ultimi 10 anni coinvolti nelle combine, e poi? Bbc e BuzzFeed hanno sparato nel mucchio. Senza nomi e prove, il tennis è diventato una spy-story con cento colpevoli in cui tutti sospettano di tutti, una caccia alle streghe che non fa bene a nessuno. «Se vinci, è venduto il tuo avversario. Se perdi, hai preso soldi per farlo». Luca Vanni, 30 anni, n. 105 del ranking con il fiore all’occhiello di una finale a San Paolo (Atp 250) e di una convocazione in Davis l’anno scorso, è appena tornato in Toscana da un giro del mondo lungo un mese. India-Australia-Filippine in cerca di risultati, punti e dollari per rientrare dai 70-80 mila euro che gli costerà l’intera stagione, 8 settimane di preparazione e 30 di tornei per inseguire il sogno di bambino. «Il primo turno delle qualificazioni a Melbourne vale 4.500 dollari di prize money, 2.500 di bonus per il biglietto aereo e una piccola diaria. Se ci vai da solo guadagni, se porti il coach vai in pari. Se viene anche il fisioterapista, ci smeni». Una precarietà che fa di Vanni, e di tutti i giocatori di media classifica, la preda ideale degli scommettitori.
«Non sono mai stato avvicinato per perdere e quando sento colleghi che parlano dell’argomento, mi allontano» racconta. La non colpevolezza non lo rende immune dagli equivoci, però. «Sono arrivato a Melbourne da Chennai, in India, con 6 ore di fuso di differenza e 44 gradi. Prima di affrontare l’inglese Evans nelle quali sono andato in bagno tre volte con la dissenteria. Ho perso. La roba più facile è pensare che io abbia fatto apposta. Che squallore...». Luca è in buona compagnia. Schwartzman, Krajinovic, Karlovic, Querrey, Anderson, Tursunov, ritirati in corso d’opera al primo turno del tabellone principale: infortuni veri o combine? Ormai vale tutto e il contrario di tutto. «L’anno scorso sono rimasto fuori dall’Us Open per 4 posti. Al primo turno si sono ritirati in undici! È chiaro che uno come me, anche se non sta bene o è mezzo infortunato, ci prova. Se ti va bene, con il prize money di un match dello Slam ti paghi la trasferta...» spiega Vanni, che su Twitter e Instagram non è mai sbarcato e ha chiuso la pagina Facebook. «Capitava che trovassi insulti o minacce, tipo: spero che tu muoia. Vai a sapere se è un cretino o uno che ha puntato soldi sul tuo match... Nel dubbio, ora ho una pagina gestita dal mio manager nella quale entro con l’account della mia ragazza. Non voglio correre rischi, non voglio grane».
Sono proprio i social, spesso, la porta d’accesso degli scommettitori al tennis. Messaggi-civetta, domande d’assaggio, piccoli test per vedere se il giocatore abbocca, ci sente da quell’orecchio, oppure no. L’argentino Renzo Olivo, eliminato ieri a Melbourne da Delbonis, proprio su Facebook ha denunciato il suo dramma: «A ogni torneo ricevevo minacce: ammazziamo la tua famiglia, facciamo fuori la tua ragazza... Al Challenger di Mosca, dopo aver perso da Rublev, fui avvicinato da un tipaccio che voleva parlarmi. Ho denunciato tutto alla Tennis Integrity Unit, ho mostrato loro i messaggi. Ho chiuso la pagina di Facebook».
Il sospetto è un venticello che soffia su Melbourne dal mare. Servirebbe un bel temporale, per ripulire l’aria.