Corriere della Sera, 22 gennaio 2016
Come cambia la Pubblica amministrazione con la riforma Madia
1. Sospensione lampo e licenziamento per i «fannulloni»
L’assenteista colto in flagrante, cioè il dipendente pubblico che timbra il cartellino e poi non entra in ufficio, sarà sospeso dal servizio e dallo stipendio entro 48 ore. Poi partirà un procedimento disciplinare abbreviato, durata massima 30 giorni contro i 100 di adesso, che potrà portare al licenziamento. Lo stesso rischio lo corrono i «complici», cioè chi striscia il badge per un collega, che però non è in ufficio. Se licenziato, il dipendente assenteista può essere condannato anche a risarcire il danno d’immagine procurato al suo ufficio: almeno sei mesi di stipendio, con una valutazione legata anche alla rilevanza che l’episodio ha avuto sui mezzi di informazione.
Cambiano le regole anche per i dirigenti che non prendono provvedimenti contro gli assenteisti. Rischiano a loro volta un procedimento disciplinare che può portare al licenziamento. E la denuncia per omissione d’atti d’ufficio, reato punito con la reclusione fino a due anni.
2. Ex municipalizzate con bilanci in rosso Tagli ai manager
Il taglio delle società partecipate dagli enti locali avverrà per gradi. Entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto ne dovrebbero venire chiuse circa duemila: quelle con meno di un milione di ricavi, ad esempio, o con più amministratori che dipendenti. Ogni anno, poi, Comuni e Regioni dovranno presentare un piano di razionalizzazione di tutte le loro aziende. Chi non lo fa pagherà una sanzione, che nelle ultime bozze non era stata ancora definita. A regime, nelle intenzioni del governo, le società partecipate dovrebbero scendere dalle attuali ottomila a circa mille. A vigilare su questo processo di dimagrimento sarà un organismo creato presso il ministero dell’Economia. La novità, rispetto alle anticipazioni, sono le sanzioni per gli amministratori delle società in perdita: stipendio tagliato del 30% per chi guida una società in rosso negli ultimi tre anni. Con altri due anni di perdita, scatta la revoca dell’incarico senza buonuscita.
3. Luce, acqua e rifiuti Servizi ai Comuni se il mercato non c’è
Cambiano le regole anche per i servizi pubblici locali, e cioè luce, acqua e rifiuti. I Comuni potranno ancora decidere se bandire una gara per affidare lo svolgimento del servizio, aprendo così alla concorrenza, oppure se svolgere direttamente il servizio. Questa seconda strada, che i tecnici chiamano «in house», sarà possibile solo se il ricorso al mercato non è possibile, perché sarebbe svantaggioso dal punto di vista economico. Il Comune che decide di non mettere a gara un servizio deve spiegare le sue ragioni in una relazione che sarà valutata dalla Corte dei conti, dall’Antitrust e dall’Osservatorio sui servizi pubblici presso Palazzo Chigi. L’affidamento «in house» non potrà comunque superare la durata di cinque anni. In caso di violazione delle regole viene prevista la decadenza automatica dell’affidamento. Anche gli affidamenti in essere saranno valutati con i nuovi criteri e quindi rischiano la decadenza.
4. Trasparenza sul web Obbligo di fornire i dati in 30 giorni
Tutti gli uffici della Pubblica amministrazione dovranno pubblicare sui loro siti Internet l’ammontare complessivo e individuale degli stipendi dei dirigenti. Diventa obbligatoria anche un’altra serie di informazioni, come i tempi d’attesa nella sanità o quelli per i pagamenti dei creditori. Arriva, inoltre, il Freedom of information act, cioè il diritto per tutti i cittadini di chiedere un dato a tutte le pubbliche amministrazioni e di ottenere una risposta entro 30 giorni. Gli uffici che non rispettano le nuove regole rischiano sanzioni (ancora da definire) da parte dell’Anac, l’autorità anticorruzione. Una trasparenza che si ferma solo nei casi di segreto di Stato e divieto di divulgazione. Rispetto alle regole attuali il salto è notevole: oggi per chiedere un documento alla Pubblica amministrazione bisogna avere un interesse legittimo. Con questo decreto non serve più. Gli uffici pubblici saranno sommersi di richieste?
5. Le conferenze dei servizi 2.0 No a tavoli, solo email
Vengono ridotti i tempi per far partire i cantieri pubblici. La conferenza dei servizi – che mette intorno a un tavolo tutti gli enti interessati a un’opera – dovrà prendere una decisione entro 60 giorni. E seguirà il modello del silenzio assenso: scaduto il termine, cioè, si considererà acquisito il consenso delle amministrazioni che non si sono espresse. Le riunioni si svolgeranno per via telematica, cioè senza la presenza fisica di tutte le persone coinvolte e con la presenza di un solo rappresentante per ogni ente. Viene prevista una (nuova) corsia preferenziale per i progetti considerati importanti. Entro il 31 gennaio di ogni anno, Comuni e Regioni dovranno inviare alla Presidenza del Consiglio un elenco dei progetti che loro considerano strategici, con relativa analisi di valutazione dell’impatto economico e sociale. In caso di successivi intoppi o lungaggini, la Presidenza del Consiglio potrà esercitare poteri sostitutivi.
6. Aziende sanitarie Una lista nazionale per direttori generali
La nomina dei direttori generali delle Asl, le aziende sanitarie locali, sarà sottratta alla discrezionalità delle Regioni. Diventerà necessario pescare da una lista nazionale di idonei da aggiornare ogni due anni. A scegliere chi far entrare e chi no sarà una commissione tecnica di cinque persone. Per essere ammessi bisognerà avere meno di 65 anni, una laurea, un’esperienza dirigenziale di almeno cinque anni e anche la partecipazione ad alcuni corsi di formazione per la gestione sanitaria. Alla fine a scegliere sarà il presidente della Regione. Ma senza quella grande libertà oggi prevista dalla legge. Una volta nominato, il direttore generale si vedrà assegnare dei compiti precisi e dopo due anni di lavoro sarà valutato da una commissione regionale. Se i risultati non saranno in linea con le attese, potrà perdere il suo incarico di direttore, e anche essere cancellato dal listone nazionale.