Corriere della Sera, 22 gennaio 2016
La trentaduenne rimasta incinta grazie a un ovocita congelato dieci anni fa. Si scatenano le polemiche
Era ossessionata dal pensiero che un figlio non l’avrebbe avuto mai più. Desiderio sfumato a 27 anni, l’età in cui una menopausa precoce aveva azzerato il suo patrimonio riproduttivo. Invece due mesi fa per lei, trentaduenne con invariato amore per la maternità, è cominciata inaspettatamente una seconda vita. Incinta grazie a un’eterologa ottenuta utilizzando l’ovocita di una donatrice. Una cellula minuscola rimasta congelata il tempo record di dieci anni, appartenente a una donna all’epoca giovane, ora mamma di due figli nati con una tecnica omologa (il seme del marito) e che dunque non programmava nuove gravidanze.
Una prima volta tutta italiana («e forse anche al mondo») quella di Eleonora Porcu, direttrice del centro di procreazione medicalmente assistita del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, prima struttura ad avviare a metà degli anni Novanta un programma di crioconservazione di gameti femminili. «La particolarità del nostro successo consiste nel decennio trascorso tra congelamento e utilizzo. Un evento singolare. Per l’eterologa abbiamo una lista di attesa di oltre 220 coppie. Noi diamo la precedenza alle più giovani perché hanno maggiori possibilità», ha spiegato la sua filosofia scientifica la ginecologa in un workshop organizzato nell’università bolognese.
La professoressa Porcu, cattolica, è da due anni vicepresidente del Consiglio Superiore di Sanità. Ed è per il ruolo istituzionale che fa notizia il suo giudizio tagliente sulla maternità surrogata, o utero in affitto, tema diventato attuale per il dibattito sulle unioni civili: «A differenza di Umberto Veronesi, ne penso il peggio possibile. È una moderna forma di schiavitù femminile. Sono indignata. Bisogna affrancarsi da questa modalità di sfruttamento del corpo femminile».
Da quando la Corte Costituzionale a metà 2014 si è pronunciata a favore dell’eterologa, il Sant’Orsola ha avviato un programma di incentivazione della donazione di ovociti congelati, proprietà di ex pazienti con problemi di infertilità già diventate mamme. Quattordici donne hanno accettato di regalare il loro tesoretto lasciato da parte. Cinque sono risultate idonee, hanno superato gli esami. Una sesta volontaria fertile, che ha avuto figli naturalmente senza l’aiuto della provetta, si è offerta di donare telefonando al numero verde aperto dall’ospedale per ricevere adesioni. Hanno risposto anche 4 uomini.
La mancanza di ovociti e spermatozoi è lo scoglio dell’eterologa all’italiana negli ospedali pubblici. I numeri dei nati sono piccoli, nonostante l’entusiasmo dei primi momenti. Al Sant’Orsola sono 6 le gravidanze con parti previsti dalla primavera. Alcuni centri hanno cercato di superare l’ostacolo acquistando all’estero dove c’è disponibilità di materiale biologico perché alle volontarie va un «rimborso spese» o altre forme di remunerazione da noi vietate. Assuntina Morresi, referente del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, ha confermato il progetto di una campagna nazionale per la donazione gratuita «una volta completati gli atti legislativi per l’attuazione dell’eterologa. Mancano il recepimento di una direttiva europea, che ha dovuto passare l’esame di cinque organismi, e il modello di consenso informato per la coppia». Fino a che il percorso non sarà completato, alle Regioni non potrà essere impedito di importare gameti da Paesi dove la volontarietà delle giovani ha un prezzo. Ma quando l’eterologa avrà una cornice regolatoria definita in ogni parte e diventerà una prestazione mutuabile, sarà difficile pensare che il servizio pubblico rimborsi cure che prevedono il pagamento di ragazze straniere poco abbienti e forse non sorrette da spirito altruistico.