la Repubblica, 22 gennaio 2016
Perché Apple ha scelto l’Italia
Apple si è accorta di noi. L’attenzione verso l’Italia da parte della regina dell’economia digitale sta crescendo a vista d’occhio. L’ultimo episodio è l’annuncio dell’apertura a Napoli del primo centro europeo di sviluppo di app progettate per i suoi software (e quindi anzitutto per gli iPhone). Prima c’era stato l’antefatto fiscal-giudiziario anticipato da Repubblica il 30 dicembre: un gesto di “espiazione”, con cui Apple accettava di versare tutto il dovuto al fisco italiano (318 milioni) dopo avere per anni evaso le tasse con le famigerate “delocalizzazioni dei profitti”. Ora si passa a una scommessa proiettata verso il futuro, una collaborazione con la scuola italiana che può sfornare migliaia di talenti creativi in uno dei settori più dinamici dell’hi-tech.
Perché ora? Perché noi? L’annuncio dato da Tim Cook s’inserisce in una fase delicata per Apple. Il suo dominio mondiale è messo alla prova. La multinazionale con sede a Cupertino rimane la numero uno per capitalizzazione di Borsa, e non solo nel settore hi-tech. Ma il suo titolo ha perso quasi il 30% dai massimi storici: per effetto del calo generale delle Borse, ancora più accentuato per i titoli della Silicon Valley, ma aggravato da alcuni problemi specifici. Prima ancora che escano i risultati trimestrali (26 gennaio) da tempo s’infittiscono le voci su un calo della produzione di iPhone 6S e 6SPlus che sono i gioielli della gamma. Cook guarda con preoccupazione al rallentamento della crescita cinese: uno dei punti di forza di Apple era stata proprio la sua penetrazione tra le giovani generazioni dei ceti medio- alti di Pechino e Shanghai. A livello mondiale, avanza il software rivale Android, generato da Google e installato da vari produttori di smartphone tra cui Samsung. Come fatturato delle vendite, a livello mondiale la categoria Android batte gli iPhone Apple 55 a 45.
Le contromisure a cui Cook affida la riscossa di Apple sono varie, e contribuiscono a spiegare anche l’annuncio su Napoli. Anzitutto, l’azienda di Cupertino deve rivedere le sue priorità geo-strategiche. Tra i paesi emergenti sposta l’attenzione e dirige nuovi investimenti (tra cui l’apertura di un Apple Store) verso l’India per compensare il rallentamento della Cina. Nel mix di prodotti e di innovazioni, Cook deve rafforzarsi proprio nella creazione di app per i suoi iPhone se non vuole perdere terreno rispetto alla creatività dei social media come Facebook; a Google; e al ritorno in forze della Microsoft.
L’Europa ha diritto ad una riscoperta, in una fase in cui tante economie emergenti sono diventate sinonimo di turbolenze. Napoli farà da apri-pista per altri progetti sul Vecchio continente. È un segnale di fiducia sulla qualità dell’istruzione italiana. Qui Apple parte da una constatazione fatta in casa propria. La Silicon Valley californiana continua ad attirare un flusso di giovani italiani: informatici, matematici, ricercatori e inventori. Il fenomeno, deprecato come “fuga dei cervelli” dall’Italia, ha un risvolto positivo: l’ottima formazione di quei talenti, frutto del sistema scolastico e universitario del paese d’origine. Andare a coltivare quelle risorse umane nella loro base di partenza, è un calcolo lungimirante. Infine c’è una dimensione politico-diplomatica, di gestione della propria immagine: per anni Apple ha fatto notizia in Europa (alla pari con Google) soprattutto per vicende negative, attirandosi l’attenzione di autorità fiscali, antitrust, garanti della privacy. Cook ha deciso che è il momento di attirare l’attenzione su di sé per ragioni migliori.