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 2016  gennaio 22 Venerdì calendario

Sono vent’anni che Quarto è un Comune infiltrato dalla camorra

Quanto vale un voto, a Quarto? Tra i 50 e i 100 euro, racconta il collaboratore di giustizia Roberto Perrone. Ma è la democrazia che ogni giorno conta un po’ di meno, in questo comune di 40 mila abitanti dove, da quasi vent’anni, nessuna amministrazione riesce a portare a termine il mandato. Una maledizione che, per restare ai tempi più recenti, ha colpito in rapida successione una giunta di centrosinistra, una di centrodestra, infine l’unica esperienza a cinque stelle della Campania.
Una città eternamente commissariata. Mentre la politica si dimostra impotente, ad ogni elezione si riaffaccia l’ombra di una camorra radicata e influente, capace di scegliere sempre il cavallo giusto su cui puntare. Ragiona il giudice Antonello Ardituro, che prima di essere eletto al Csm aveva indagato sulle collusioni tra il clan camorristico Polverino, le istituzioni e l’imprenditoria di Quarto: «È la terza volta consecutiva che, sia pure per ragioni diverse, a Quarto un’esperienza amministrativa si interrompe prima del tempo e sempre per fatti che emergono da inchieste giudiziarie. In nessuno di questi casi era indagato il sindaco: segno che esiste un problema trasversale, legato non alle provenienze politiche bensì al tessuto del territorio. Ecco perché è indispensabile una riflessione comune per individuare gli anticorpi». Il primo scioglimento per infiltrazioni mafiose risale al 1992, il secondo al 2013. Nelle altre occasioni, il Comune è tornato alle urne a seguito di contrasti politici, come dopo le elezioni del 2007, quando il sindaco di centrosinistra fu sfiduciato in consiglio.
Ma già alla vigilia di quella competizione, la Procura aveva monitorato in diretta una campagna elettorale segnata da un mercato delle preferenze “porta a porta”. Una prassi che, avrebbe spiegato poi il pentito Perrone, «a Quarto si verifica ad ogni appuntamento elettorale». Alla vigilia del voto del 2011, con l’accusa di collusioni con il clan Polverino vengono arrestati due candidati, fra i quali il capolista del Pdl, Armando Chiaro, eletto mentre è in carcere. Il sindaco Massimo Carandente Giarrusso, sostenuto proprio dal Pdl, non viene coinvolto dall’inchiesta, ma la commissione di accesso redige una relazione che induce il Viminale a parlare di «radicata penetrazione della criminalità organizzata nell’amministrazione comunale». Lo scioglimento è inevitabile. Ciò nonostante, i quartesi cominciano a immaginare un futuro diverso. Un anno prima, a Jerez de la Frontera in Spagna, era stato arrestato dai carabinieri il boss Giuseppe Polverino, a capo di un impero che spazia dall’edilizia, alla droga, dall’alimentare ai rifiuti.
Su impulso del pm Ardituro, la società di calcio sequestrata a un imprenditore accusato di legami con il clan assume la denominazione di Nuova Quarto per la Legalità e diventa per tutti la squadra antiracket. Il 14 ottobre 2013, sul terreno dello stadio Giarrusso, si allena la Nazionale allenata da Cesare Prandelli. A Gigi Buffon viene consegnata la maglietta con scritto «La camorra non vale niente». Ma quando si tratta di andare al voto, Pd e Forza Italia non riescono a presentare la lista. Per la prima volta in Campania vince il Movimento Cinque Stelle. Una nuova inchiesta, condotta dal pm Henry John Woodcock rivela che il più votato della lista, Giovanni De Robbio, ha ottenuto il sostegno di un imprenditore delle pompe funebri, Alfonso Cesarano, sospettato di legami con i Polverino, che aspira alla gestione dello stadio. Le intercettazioni fanno emergere anche i ricatti di De Robbio sul sindaco Rosa Capuozzo. Il resto è cronaca di questi giorni. Un’altra giunta al capolinea, e nuove elezioni all’orizzonte. «Due anni fa – ricorda il pm Ardituro – Quarto era in diretta tv come simbolo della legalità. Oggi possiamo parlare di occasione perduta. Speriamo ce ne siano altre».