Corriere della Sera, 21 gennaio 2016
«Discutiamo di questa bad bank» dice ora il commissario europeo Vestager
«Credo sia importante mandare il segnale che stiamo lavorando in modo costruttivo con il governo italiano per rendere possibile la creazione di un veicolo, in modo da dare sollievo all’economia del Paese liberando le banche di parte dei crediti inesigibili. Serve un po’ di respiro per far ripartire gli investimenti. Questa è la realtà, e sono buone notizie». Margrethe Vestager, 47 anni, ha la stretta di mano poderosa di un negoziatore che non fa sconti. Ma la disposizione all’ascolto di un commissario europeo consapevole che questo è il momento di andare a un accordo. Ieri pomeriggio ne ha parlato a lungo al telefono con Roma.
Come responsabile per la Concorrenza, l’ex vicepremier danese ha un ruolo chiave per l’Italia perché può decidere se dietro la cessione di crediti in default delle banche si nasconde un aiuto di Stato che porterebbe a colpire i risparmiatori. Di sicuro liberare le banche dalle scorie della grande recessione è sempre più urgente, prima che siano queste ultime a intossicare di nuovo il sistema finanziario.
Commissario, ha ricevuto nuove proposte dall’Italia per la «bad bank»?
«Sì, abbiamo ricevuto il quadro d’insieme di un veicolo che faccia sì che i crediti deteriorati delle banche non influenzino più l’economia reale come hanno fanno per troppo tempo. È un progetto che mostra che il governo italiano è molto impegnato su questo, come abbiamo già visto con le riforme nel settore bancario già fatte per rendere il sistema finanziario più sostenibile e di maggior aiuto all’economia».
Cosa succede ora?
«Stiamo chiedendo nuovi dettagli per arrivare a una valutazione completa e lavoriamo a stretto contatto con le autorità italiane. Abbiamo ricevuto le nuove proposte la settimana scorsa e ci sarà un incontro tecnico già venerdì (domani per chi legge, ndr)».
Finora la Commissione ha chiesto che le banche abbattessero il valore dei crediti deteriorati al prezzo di saldo a cui li comprerebbe un fondo speculativo. Altrimenti c’è aiuto di Stato e i risparmiatori pagano. Ma ha senso?
«Non posso dare troppi dettagli. Abbiamo uno schema e ora entriamo nel vivo. Esistono varie soluzioni possibili, che sono già state applicate altrove. Ad esempio in Spagna, o in Portogallo. Abbiamo avuto a che fare con più di dieci Paesi su queste questioni. Di solito si cerca di creare un veicolo per gestire questi crediti inesigibili quando è molto difficile venderli sul mercato e il prezzo crolla nettamente sotto al valore a cui quegli attivi si trovano nei bilanci».
Come se ne esce?
«Si può fare senza aiuto di Stato, con un veicolo che dia le competenze tecniche soprattutto alle banche più piccole per cedere i crediti in default. Oppure, specie se il valore di questi ultimi è crollato al punto da diventare un problema, si può creare un altro tipo di veicolo che li compri, con lo Stato che svolge un ruolo per esempio come fornitore di una garanzia per l’acquirente. A quel punto tutto dipende dal prezzo della garanzia. Se è a prezzo di mercato, è un conto. Se è sotto al prezzo di mercato, allora è un altro discorso».
Sembra facile, ma se la Commissione Ue stipula che c’è aiuto di Stato e la banca deve andare nella cosiddetta «risoluzione», sono gli investitori e i risparmiatori a perdere.
«Una delle questioni che ci preoccupano di più è che le persone sembrino così riluttanti a lanciare la risoluzione, perché si è fatta un cattivo nome. Di fondo, può essere un processo molto leggero. In una situazione in cui sollevi una banca da un certo numero di crediti deteriorati, se c’è un elemento di aiuto di Stato, la risoluzione può essere anche molto lieve. Ci sono banche che non ricorrono ad aiuti pubblici, e altre che lo fanno. Competono per gli stessi clienti, non dimentichiamocelo».
La Bce ha già passato al setaccio le banche e non ha mai imposto le svalutazioni drammatiche che chiedete voi. Avete sentito Francoforte?
«Ma loro fanno le valutazioni per ragioni diverse, non sono direttamente paragonabili. Noi abbiamo sviluppato una nostra metodologia per essere certi di avere un approccio equilibrato quando non esiste un mercato per vendere quei crediti cattivi».
Le regole sugli aiuti di Stato alle banche prevedono che consultiate la Bce su questi temi. Davvero non lo avete fatto?
«Beh, non so se i miei hanno chiamato la banca centrale. Dico solo che alla Bce valutano l’insieme di un bilancio, noi dobbiamo vedere le specifiche posizioni di pacchetti di prestiti precisi. Non è uguale».
Secondo le norme, si può evitare di colpire obbligazionisti o depositanti delle banche se ciò crea rischi di contagio e instabilità finanziaria. Nel giudicare la «bad bank» o le quattro altre banche italiane finite in risoluzione, si è chiesta se il rischio c’era?
«Certo che ce lo chiediamo, perché il nostro dovere è garantire soluzioni equilibrate. Dobbiamo anche far sì che una banca che riceve un aiuto non sia favorita su un’altra che lo riceve. E non dimentico mai che chi investe in una banca, oltre a prendere i guadagni se tutto va bene, deve anche accettare le perdite se le cose vanno male. Va trovato un equilibrio fra molti fattori».
Ma non ha consultato prima la Bce, l’autorità competente, sul rischio di instabilità? E dopo l’intervento su Etruria e le altre banche, ha controllato se si era creato contagio?
«Se avessimo il dubbio che l’intervento su una banca possa creare instabilità nel sistema finanziario del Paese, certo che consulteremmo la Bce. Ma un aspetto che guardiamo è la quota di mercato, per esempio. Quella di Etruria, Marche, CariChieti e Carife è sì importante nelle loro zone, ma molto limitata in Italia. Dunque anche il rischio di contagio è limitato».
Però ora molti italiani si chiedono se i loro depositi siano sicuri. E il titolo di Mps è più che dimezzato.
«Permettetemi di essere riservata sulle nostre comunicazioni interne. Ma farei molta attenzione a fare collegamenti fra un evento nel settore bancario e quello che succede poi. Il punto è che non siamo né sordi, né ciechi, né insensibili agli effetti sul resto dell’economia di ogni singola decisione su una banca».