Oggi, 20 gennaio 2016
In Vietnam piove immondizia spaziale
Pochi giorni fa, tre misteriose palle di metallo sono cadute in una remota regione del nord del Vietnam. È dovuto intervenire l’esercito per mettere a tacere ogni voce che parlava di «oggetti alieni arrivati sulla Terra». Nulla di extraterrestre, ma solo tre parti di missili. «Abbiamo capito che sono state costruite in Russia, ma non è ancora chiaro se appartenevano a razzi russi o di altra nazione», ha spiegato il Generale Vo Van Tuan. Stando al buono stato di conservazione, i tre reperti non arriverebbero dallo spazio esterno, ma da un’altezza non superiore ai 100 chilometri e questo fa pensare che siano parti di un razzo che non è riuscito ad entrare in orbita terrestre. Le dimensioni delle sfere non superano il metro e la più pesante pesa circa 45 chilogrammi.
I numeri
Le sfere del Vietnam sono solo l’ultimo caso di una serie di oggetti costruiti dall’uomo che dal cielo sono ricaduti sulle nostre teste. Agli inizi di novembre, un serbatoio dal peso di 20 kg e dal diametro di un metro, appartenente ad un razzo, era precipitato nei campi di Calasparra, in Spagna. Poche settimane prima un altro oggetto era stato ritrovato in Turchia.
Ma cosa c’è lassù che ci può far paura? Stando alla Nasa e all’Agenzia Spaziale Europea, attorno al nostro pianeta ruotano circa 500 mila detriti. Di questi, 20 mila sono più grandi di un uovo, gli altri più di una biglia. Ma vi sono milioni di pezzi più piccoli che sfuggono ad ogni controllo terrestre. E ogni anno aumentano. Tutti viaggiano a una velocità di 28 mila chilometri all’ora.
Nel 2015, ad esempio, un vecchio satellite americano fuori uso è esploso creando una nube di 147 oggetti grandi più o meno come una palla da baseball.
Pur viaggiando a quote di alcune centinaia di chilometri d’altezza, i detriti risentono dell’attrito dell’atmosfera che, seppure estremamente rarefatta, esiste anche a quelle altezze. Pian piano la loro velocità viene rallentata finché la forza di gravità prende il sopravvento; così precipitano a terra. In base alla traiettoria di caduta possono bruciare o cadere come proiettili.
Ma i detriti spaziali non sono pericolosi solo perché di tanto in tanto cadono sulla Terra, ma anche perché possono scontrarsi con satelliti di grande importanza, navicelle con uomini a bordo e, ovviamente, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Più di una volta per evitare uno scontro la si è dovuta spostare di orbita.
Le soluzioni
Il problema è così importante che si stanno cercando soluzioni concrete. La prima è quella di imporre alle società che lanciano satelliti l’obbligo di “smaltimento”: quando uno di essi finisce la sua attività deve essere fatto bruciare rientrando nell’atmosfera. Per questo, ad esempio, la società italiana D-Orbit sta lavorando a un piccolo dispositivo da installare su qualunque tipo di satellite: entra in funzione solo nel momento in cui questo muore e lo “pilota” fino a disintegrarsi.
Per la spazzatura già esistente invece, si avanzano altre soluzioni. Una è quella a cui sta lavorando la società svizzera eSpace per catturare satelliti in disuso e potenzialmente pericolosi. L’idea, già in fase di realizzazione, è di costruire un satellite, chiamato CleanSpaceOne, che avrà delle braccia e delle reti in grado di catturare i satelliti-spazzatura per poi rientrare nell’atmosfera, bruciando. Una prova verrà realizzata nel 2018 quando si andrà a catturare un piccolo satellite svizzero lanciato nel 2009. Un progetto di tutt’altro genere, quasi da fantascienza, è quello avanzato da ingegneri della UC Irvine: si tratta di un sistema in grado di sparare raggi laser da un cannone-laser portato a bordo della stazione orbitante. Spiega Toshiki Tajima, astronomo della University of California, che lavora al progetto: «L’operazione sarebbe abbastanza semplice: utilizzando un piccolo telescopio posto a bordo della ISS si andrà ad individuare il relitto del quale ci si vuole liberare, quindi a colpi di laser lo si rallenterebbe al punto da farlo precipitare nell’atmosfera terrestre, dove brucerebbe».
La maggior difficoltà, secondo l’astronomo, sta nel convincere qualcuno a prendersi carico delle spese del progetto. Un aspetto non così insormontabile se si tengono conto dei pericoli che sia nello spazio sia sulla Terra stiamo correndo.