Oggi, 20 gennaio 2016
Sugli stipendi di alcuni parlamentari
Quando Mario Monti venne nominato capo del governo, pretese la nomina a senatore a vita. Mai si era visto un esterno al Parlamento, designato presidente del Consiglio, richiedere di far parte di quel ristretto numero di padri della Repubblica chiamati senatori a vita. Nel caso di Monti si pensò che volesse essere posto al riparo dai rischi connessi alla funzione. Cosa probabilmente vera, perché un senatore a vita non può essere intercettato e per arrestarlo serve l’autorizzazione del Senato. Tuttavia, il beneficio più tangibile è un assegno che sfiora i 250 mila euro lordi l’anno. Compenso che nel caso di Monti si somma agli emolumenti percepiti come consulente di banche d’affari e università. Così nel 2015 l’ex premier ha visto il proprio reddito crescere del 168 per cento, passando da 288 mila euro a 775 mila. Perché un senatore a vita, che per altro frequenta poco i banchi di Palazzo Madama, debba incassare un super assegno pubblico a titolo di riconoscenza per i 14 mesi di servizio prestati in politica è un mistero.
Intendiamoci: Monti non è solo ma in buona compagnia. Insieme a lui tanti altri hanno una “doppia vita” politica e professionale, come ad esempio il senatore Renzo Piano, il quale nel 2015 ha dichiarato un reddito lordo di 1,36 milioni (anche se pare finanzi con l’assegno parlamentare un’iniziativa per giovani). Non sarebbe meglio stabilire che chi ha attività e redditi extra debba svolgere gratis il proprio incarico da onorevole? Certo, ma i soldi dei parlamentari sono più intoccabili di deputati e senatori. Loro su richiesta possono essere arrestati. I vitalizi mai. Come insegna il caso di Giancarlo Galan: in cella, ma retribuito.