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 2016  gennaio 20 Mercoledì calendario

Sui tedeschi non razzisti che hanno paura di essere accusati di razzismo da chi razzista lo è

Da qualche tempo paragono il politicamente-emotivamente corretto (un mondo col quale amo confrontarmi) alla «larva migrans cutanea». Quando viaggiavo per il Sudamerica, i miei referenti locali mi avevano suggerito come evitarlo. Per gli scienziati è un «verme uncinato», figlio delle foreste pluviali, a nostra insaputa penetra sottopelle, e ci crea una serie di problemi, spesso imbarazzanti, a volte pericolosi. Prima dei fatti di Colonia non avevo avuto la percezione come questo «verme uncinato» fosse entrato tanto in profondità nelle menti e nei comportamenti delle classi dominanti di un paese leader. Questi hanno cercato di nascondere i fatti lungo tutta la catena di comando (governo-amministrazione-servizi segreti-polizia-magistratura-salotti), com’è tipico di chi razzista non è (il cittadino tedesco), ma è terrorizzato, curiosamente, di essere accusato di razzismo da chi razzista lo è per dottrina. Esserci riusciti per alcuni giorni, significa che noi della stampa, o siamo degli incapaci o siamo collusi con costoro. Preferirei il primo, temo sia il secondo. Infatti, il nostro Giardina ci dice che la credibilità dei media tedeschi è KO (solo il 40% dei cittadini ancora si fida).
Da tempo ho scelto un’altra strada, leggo tutti, ma mi costruisco una mia piattaforma informativa, un pre-giornale fai da te, pescando, fior da fiore, in Rete e nella stampa cosiddetta minore, che poi minore non è. Per esempio sul Corriere del Ticino ho letto una serie di reportage eccellenti, un tempo sarebbero stati la norma, oggi invece sono la punta più avanzata di un bel giornalismo, non ripiegato su se stesso. Per esempio, chi sa che a Colonia c’è il più grande lupanare d’Europa, il Pasha, dodici piani, 30.000 mq, 120 puttane ad alto tasso di turnover, funziona 24 su 24, organizzato come l’impianto logistico Amazon di Piacenza? È ubicato a poche centinaia di metri da un grande centro immigrati. Questi hanno vitto e alloggio, e per i loro bisogni extra ricevono un «bonus» di 325 /mese (non ditelo a Grillo, Salvini, Renzi).
I tedeschi del quartiere, in gran parte anziani e poveri, osservano disperati il degrado della propria città, vorrebbero ribellarsi a una Colonia di ghetti, quelli dei ricchi e quelli dei miserabili, come Chorweiler. Parliamo spesso delle banlieue parigine, di Scampia, pochi sanno di Chorweiler, dove droga, violenza, povertà, stupri, omicidi si sono ormai fusi con la razza subumana che lo occupa. Per una follia verbale di Merkel, dicono i tedeschi locali, la popolazione del quartiere in dicembre è aumentata di colpo di 8.000 unità, tutti arabi.
La sintesi la fa un poliziotto (chiede l’incognito): «Abbiamo le mani legate, noi non riusciamo tenerli a bada con le buone, allora ci pensano, con le cattive, i gestori dei locali pubblici (ristoranti, discoteche, sale giochi). Noi chiudiamo un occhio, a volte due».
La forza delle grandi organizzazioni umane è che trovano sempre un loro equilibrio, qua la difesa della legalità è passata, de facto, dalla Polizia al «Milieu», il sottobosco di ex immigrati ora semi-integrati: turchi, rumeni, afgani, ucraini, in guerra perenne con gli arabi. Vogliamo chiamare «integrazione» questo modello? Accettiamo che sui cellulari dei migranti ci sia lo slogan-richiamo del Capodanno di Colonia? («Ich töte sie fincken», voglio scoparla fino alla morte). Fra poche settimana ci sarà il celebre Carnevale, cosa scriveranno delle donne tedesche sui loro messaggini?
Colonia non è più la meravigliosa città che avevo conosciuto negli anni ’80-’90, allora si vantava della sua alta qualità di vita (vero), oggi invece si considera la città più tollerante della Germania (vero). Dobbiamo solo metterci d’accordo su cosa significa alta qualità di vita, cosa tolleranza, cosa integrazione. Merkel, una persona perbene, dopo dieci anni al potere è stata, purtroppo per lei e per i tedeschi, inquinata dalle élite che ci dominano. Una sociologia d’accatto sta disegnando le città del futuro: una sommatoria di ghetti, alcuni affidati al genio delle archistars, gli altri ispirati alle favelas venezuelane, gli uni difesi dalla Polizia, gli altri dal «Milieu». Prosit, Signora Merkel.