la Repubblica, 20 gennaio 2016
Sanremo, i primi quattro assenteisti licenziati
Alberto Biancheri, sindaco di Sanremo, la città del Festival, ma dallo scorso 22 ottobre suo malgrado ribattezzata la città degli assenteisti (per quanto riguarda i dipendenti comunali) giura di avere adottato quei provvedimenti prima che si parlasse della norma contro i “furbetti del cartellino”, annunciata da Renzi che vuole farla diventare legge. E però i primi quattro licenziamenti sono stati notificati ieri sera, dopo le 17, dai vigili urbani, stessi colleghi dei rimossi, mentre sui giornali impazza la polemica sulle rimozioni facili.
«Non c’entra nulla il decreto Madia – ripete il primo cittadino – è da 3 mesi che ci stiamo lavorando». In ogni modo, da oggi Vincenzo Paternò (addetto all’Ufficio Fabbricati), Marco Checchi (impiegato Ufficio Caldaie), Mauro Gianforte e Claudio Castagna (entrambi messi notificatori) non sono più alle dipendenze del Comune di Sanremo. Tutti e quattro erano agli arresti domiciliari, poi tornati in libertà, ma sospesi per dieci mesi dal gip.
Alla decisione dell’amministrazione comunale si è arrivati dopo 90 giorni di indagine e di audizioni da parte della commissione disciplinare, voluta proprio dal sindaco all’indomani del blitz della Guardia di Finanza e del provvedimento della Procura della Repubblica che portò a 35 arresti, ad 8 obblighi di firma, a 75 indagati. Complessivamente l’inchiesta “Stakanov” delle “Fiamme Gialle” coinvolse 195 dipendenti, su un totale di 528. Dal vigile Alberto Muraglia, custode del mercato di via Martiri della Libertà, che timbrava in mutande, ad Alessandro Vellani, geometra, istruttore direttivo dei Servizi Tecnici, che si sarebbe allontanato 81 volte senza timbrare e gli uomini della Gdf lo hanno fotografato a vogare nello specchio acqueo antistante Sanremo. Dalla segretaria che dopo avere timbrato, lasciava il suo lavoro e si concedeva mezze mattinate allo shopping, a guardare le vetrine di corso Garibaldi; a Giuseppe Terraciano, responsabile del Servizio Manutenzione, che per ben 63 volte in due anni d’inchiesta si sarebbe assentato, “adducendo di essersi dimenticato... e per 16 volte ha simulato impegni istituzionali”. Avrebbe detto che andava ai corsi di aggiornamento, invece era altrove. Faceva timbrare il suo badge dalla collega Antonella Rossi (indagata).
La lista è lunga. Eppoi, c’è l’istruttore del Servizio Elettorale, Enzo Moretto: per 56 volte ha lasciato il suo ufficio illecitamente, e qualche volta, pedinato dagli uomini del giovane capitano Jacopo Allera, sarebbe andato ad aprire il chiosco dei fiori della moglie. Roberto Tedeschi, capo ufficio dell’anagrafe, titolare di posizione organizzativa, per 120 volte ha fatto timbrare il suo cartellino agli altri colleghi.
Tutti gli arrestati e gli indagati, a vario titolo, sono chiamati a rispondere di truffa ai danni dello Stato, falso in atto pubblico e interruzione di pubblico servizio. Fra loro, gli impiegati, si scambiavano i cartellini e li facevano firmare ai colleghi; oppure qualcuno da casa mandava la moglie o la figlia minorenne. Tanto che il gip Alessia Ceccardi, scrisse che “Alla luce delle considerazioni si trattava di una pratica assai diffusa, condivisa sostanzialmente dalla maggioranza dei dipendenti comunali, circa la metà del personale ricorreva alle condotte descritte... a fronte del dato che sono stati iscritti per gli stessi reati 195 indagati...”. Quasi un dipendente su due. E scrive ancora il pm “... Gli altri non potevano non sapere...”.
Gli altri sono i colleghi o gli amministratori. Tant’è che il caso del Comune di Sanremo è stato citato anche dal premier Matteo Renzi, quando ha annunciato le nuove norme per arrivare ai licenziamenti in 48 ore. «Un sistema scellerato», come lo definì il magistrato. Tanto che il sindaco per i prossimi giorni annuncia altri sei licenziamenti, anche se Biancheri in un certo qual modo preferisce tenersi fuori. «Io non faccio parte della commissione – ripete – ma so che entro il 22 febbraio scadono i termini: la legge ci consente 40 giorni di tempo». Si vedrà.
Nella Città dei Fiori, fino a due anni fa impero (prima democristiano, dopo forzista) incontrastato dell’ex ministro Sandro Scajola, il “sistema” in Comune sarebbe stato di casa. Non a caso, oggi, il sindaco dem afferma: «Sono provvedimenti molto forti, ma bisogna ricordarsi che sono stati commessi fatti molto gravi». Anche se precisa: «Si è fatta di tutta l’erba un fascio, di 200 dipendenti; ci sono posizioni molto gravi e ed altre meno». Durante le audizioni della commissione, infatti, diversi impiegati hanno chiarito le loro responsabilità, sono stati reintegrati, alcuni ne sono usciti indenni. Qualcuno dice di essere finito nella lista dei furbetti per il caffè preso alla macchinetta, del distributore di bevande situato a dieci metri dalla macchina timbratrice dei cartellini.