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 2016  gennaio 20 Mercoledì calendario

Sarri dà del frocio a Mancini. Così finisce Napoli-Inter

NAPOLI Dentro l’Inter, fuori il Napoli, fuorissimo Maurizio Sarri. Il tecnico azzurro, subito dopo il 2-0 di Ljajic che ha qualificato i nerazzurri alla semifinale della Coppa Italia, ha perso la testa e, in un durissimo litigio con Roberto Mancini che ha portato all’espulsione di entrambi, ha superato il limite.
A raccontarlo è stato il furibondo Mancini, subito dopo il fischio finale: «Mi sono alzato per chiedere al quarto uomo il motivo dei cinque minuti di recupero e Sarri mi ha dato del ‘frocio’ e del ‘finocchio’. Io sarei orgoglioso di esserlo. Della partita non mi interessa niente, una persona di 60 anni non si comporta così. È una vergogna. Sarri è un razzista e gli uomini come lui non possono stare nel calcio. In Inghilterra non metterebbe mai più piede in campo».
Sarri si è difeso così: «Non mi ricordo che cosa ho detto, ma sono cose di campo, generate dalla rabbia del momento». Poi, riuscendo nella difficile impresa di peggiorare la sua posizione, ha aggiunto: «È la prima offesa che mi è venuta in mente. Avrei potuto dirgli democristiano… E comunque lui mi ha detto che sono un vecchio cazzone… Io non posso essere certo tacciato di omofobia, in ogni caso siamo uomini di sport e certe cose dovrebbero finire lì».
In realtà potrebbe non finire qui: gli ispettori federali hanno già ascoltato i tecnici dopo la partita e a questo punto l’allenatore toscano rischia una lunga squalifica che potrebbe pesantemente condizionare la stagione del Napoli.
Quanto al match, l’esito sembra una sorpresa rispetto alle premesse ma non se leggiamo l’andamento: i manciniani sono passati con i gol del duo Jovetic-Ljajic al tramonto di una sfida molto bloccata che solo una giocata di classe poteva risolvere. Sarri l’ha cercata inserendo Higuain, tenuto a riposo in nome del turnover, al 72’. Invece l’ha trovata l’Inter, con un fantastico tiro da 24 metri di Jovetic, il suo uomo più discusso, e il raddoppio nel recupero di Ljajic in contropiede solitario mentre tutto il Napoli, in 10 dopo l’espulsione di Mertens (per doppio giallo, il secondo per simulazione), era all’attacco per cercare il pari. La resurrezione dell’Inter coincide così con la prima sconfitta stagionale in casa del Napoli, a conferma che dare per definiti i valori del calcio italiano già a gennaio è un esercizio pericoloso. La palla scorre, insomma, e può cambiare i destini in un attimo.
È stato un confronto tra opposte filosofie di calcio: il collettivo e il palleggio da una parte, la solidità difensiva e l’individualismo dall’altro. Questo ha generato un lungo impasse spezzato nel primo tempo dall’unica vera azione potente del Napoli al 26’: Strinic sfonda a sinistra contro Nagatomo, la palla per Callejon a rimorchio è perfetta ma il solito Handanovic respinge.
Dopo un’ora Sarri ha mosso lo stagno con il sasso Hamsik, poi è toccato a Higuain. A svegliarsi però è stata l’Inter: su rovinosa palla persa di Hamsik riciclata da Medel, Jovetic parte in fuga centrale e scarica un destro a giro da 24 metri che fulmina Reina e riesce a gelare il già assiderato popolo del San Paolo.
L’atteso assalto finale del Napoli si è riduce a un tiro di Mertens al 41’ su cui Handanovic si esibisce un po’ goffo ma efficace. Poco dopo l’Inter raddoppia e la corsa di Ljajic è forse simbolica: il suo 2-0 non trova solo la semifinale, ma anche una nuova vita oltre la crisi. E magari anche oltre le parole a vanvera.