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 2016  gennaio 19 Martedì calendario

Investire in manoscritti d’autore, la nuova tendenza

C’è crisi ovunque, ma non nel mercato delle aste di cimeli letterari. Lì, anzi, gli affari vanno a gonfie vele e gli acquirenti in cerca di forme alternative di investimento, sono disposti a sborsare cifre a più zeri per assicurarsi un manoscritto o una prima edizione. Ogni giorno nelle case d’asta parigine e londinesi di Sotheby’s e Christie’s, o in quelle italiane di Minerva e Bolaffi, vengono battuti pezzi pregiati che vanno a finire nelle mani di collezionisti con l’amore per la cultura e il fiuto per il business. E il trend è in forte crescita proprio in queste ultime settimane: tutti gli operatori concordano, la febbre di compravendite non è mai stata così alta. Una delle
aste più importanti è avvenuta a Parigi e ha riguardato una collezione di cimeli letterari dell’Ottocento francese, proprietà di Pierre Bérge, mecenate e collezionista compagno di vita dello stilista Yves Saint Laurent. L’asta, che comprendeva scritti di Flaubert, De Sade, Stendhal, ha incassato 11 milioni e 680 mila euro. Solo il manoscritto dell’Educazione sentimentale di Flaubert è stato pagato 587.720 euro. Qualche giorno fa una lettera autografa di Voltaire ha superato da Christie’s 5.600 euro. Contiene un’allusione alla relazione segreta tra il filosofo e la nipote Madame Denis, che ne ha fatto lievitare il valore. «Il mercato di libri e autografi è un settore di nicchia ma con interessanti potenzialità di investimento, perché la rivalutazione di documenti storici e culturali è un fatto innegabile», spiega Fabio Massimo Bertolo, direttore di Minerva Auctions, una delle più importanti case d’asta italiane, con un passato di lavoro da Christie’s. Ma quanto si rivaluta un libro antico o un autografo? Per un testo antico o moderno, che sia Dante, Petrarca, Tasso o Pasolini, si calcola una rivalutazione media del proprio acquisto nell’ordine del 15-20 per cento ogni dieci anni, che può arrivare al 30 per cento se il documento è raro e in buone condizioni. Negli ultimi tempi sul mercato italiano sono molto ben quotati i testi del Futurismo, così come Ungaretti, Saba, Montale, Campana: Il porto Sepolto, raccolta poetica di Ungaretti stampata nel 1916 in sole 80 copie, si sta rivalutando ogni dieci anni di un 30-40 per cento. Venduta anni fa da Christie’s a 25 milioni di vecchie lire, ora si aggira intorno ai 30 mila euro per una copia. Stessa cifra per le prime edizioni dei romanzi Una vita e Senilità di Italo Svevo.
«I margini di guadagno ci sono, sono solidi e a rischio zero», racconta Giuseppe Solmi, libraio antiquario con base a Bologna. Solmi, specializzato in manoscritti medievali miniati, spiega che il mercato dei cimeli letterari non interessa solo il grande dirigente industriale con ambizioni intellettuali ma anche i piccoli e medi risparmiatori, quelli che hanno un portafoglio che va dai mille ai 40 mila euro. Dunque, un infermiere o un preside di scuola possono aspirare a diventare collezionisti: «Da un punto di vista economico i manoscritti possono essere considerati come Bot, un investimento che piano piano nel tempo aumenta il suo valore». Redditizio e sicuro, tanto da spingere anni fa Gérad Lhéritier, uomo d’affari francese, a creare Aristophil, una società per azioni specializzata nella compravendita dei manoscritti, che si appoggiava a un Museo di lettere e manoscritti, una specie di riserva aurea, creato nel sesto arrondissement. Peccato che si trattasse di una speculazione, una bolla: Aristophil funzionava come un vero e proprio fondo d’investimento, ma si è scoperto che gonfiava i prezzi e, dopo varie azioni giudiziarie, l’anno scorso è stata liquidata.
Lérithier aveva però capito che un autografo può essere l’equivalente delle azioni di borsa. Con il valore aggiunto che si tratta di un articolo da intenditori, uno status symbol da esibire. Tra gli oggetti più ambiti dal collezionista che gioca a fare il piccolo broker, ci sono le lettere dei grandi scrittori. Un autografo può avere un trend di crescita di oltre il 50 per cento. È quello che accade alle lettere di Leopardi, autore che occupa un posto privilegiato nel cuore dei collezionisti. Una lettera vergata di suo pugno può valere da 15 mila a 40 mila euro: è questa la cifra record raggiunta in asta qualche anno fa dalla celebre lettera in cui il poeta racconta la passeggiata romana al Gianicolo, sotto la quercia del Tasso. A febbraio a Roma verrà battuta all’asta da Minerva una missiva del poeta Giacomo Puccinotti, storico della medicina. Il prezzo di partenza è tra i 10 mila e i 12 mila euro. Nei tariffari degli autografi Manzoni è stimato in media tra i cinque e i settemila euro e Foscolo tra i due e i tremila. Tra i record di vendita c’è la lettera nella quale Einstein parla delle teoria della relatività, acquistata per circa 500 mila dollari. Anche una lettera di Galileo Galilei può arrivare a queste cifre.
Sul mercato internazionale gli affari sono infatti più consistenti. Una lettera di Joyce è stata venduta da Sotheby’s dodici anni fa a 212 mila sterline. Oggi è stimata almeno il doppio. Ma come valutare un manoscritto? Per Stefania Pandakovic, esperta di Christie’s, sono tre le qualità da stimare: «Rarità, condizioni di conservazione e provenienza». Un libro raro, ben conservato e di autore importante, è chiaro che valga di più, soprattutto dopo che Internet ha reso più accessibili molti testi antichi. Le lettere di Napoleone sono inflazionate e possono trovarsi a prezzi relativamente modici. «Un documento autografo, vale molto perché è un pezzo unico», spiega Cristiano Collari, che per Bolaffi si occupa di libri rari e manoscritti. Ma Collari avverte di stare attenti alle oscillazioni delle mode: «Negli anni Novanta gli incunaboli del ‘400 erano merce ricercata, oggi non li vuole più nessuno». Mode che investono anche i bestseller, come racconta l’esperta di Sotheby’s: «La prima edizione 1997 di Harry Potter ha raggiunto in asta le ventimila sterline, chissà se oggi varrebbe questa cifra...».
Nel mercato dei manoscritti si muovono magnati e gente normale. È chiaro che solo Bill Gates può accaparrarsi, come ha fatto, il Codice Hammer di Leonardo, il più caro autografo mai venduto, pagato oltre trenta milioni di dollari. E solo Paul Getty può portarsi a casa I racconti di Canterbury di Geoffrey Chauser per oltre sette milioni di dollari. Ma a fianco a loro ci sono piccoli cercatori d’oro, con portafogli più simili ai nostri a caccia di chicche inedite su cui investire.