Corriere della Sera, 19 gennaio 2016
È sbocciato il primo fiore nello spazio
L’astronauta Usa Scott Kelly ha postato su Twitter l’immagine di una delle zinnie che lui stesso ha piantato nel maggio 2014 in una mini-serra a bordo della Stazione spaziale internazionale. Led al posto del sole, acqua e terra,
ed ecco il risultato: «First ever flower grown in space!» (il primo fiore cresciuto nello spazio).
«Una zinnia è una zinnia è una zinnia è una zinnia», si potrebbe ripetere all’infinito parafrasando il famoso verso di Gertrude Stein sulla rosa. Ma il caso, anzi l’uomo, dopo mille tentativi di giardinaggio spaziale che in agosto avevano prodotto una banale lattuga romana, ha voluto far nascere in orbita questa zinnia arancione. È il primo fiore della storia botanica sbocciato non sulla Terra ma in un ambiente di microgravità. Viaggiando a circa 400 chilometri sopra le nostre teste. E si capisce l’orgoglio di Scott Kelly, l’astronauta della Nasa che l’ha mostrato al mondo con un tweet: «Ecco il fiore dello spazio rivolto al sole per la prima volta», con i suoi bei petali luminosi davanti a un cielo nero e a una porzione di pianeta azzurro.
La zinnia, come la rosa, è un fiore: con tutto ciò che questo oggetto simbolico riesce a evocare da che mondo è mondo. In fondo la poesia italiana non nasce da una lattuga ma da una rosa, quella di Cielo d’Alcamo («Rosa fresca aulentissima»); e la letteratura francese pure (il «Roman de la Rose»). I poeti continuano ostinatamente a cantare i fiori (del bene e del male): la rosa e la viola, il giglio, il gelsomino notturno, la ginestra di Leopardi che resisteva sulle ceneri infertili del vulcano. Il fiore è un archetipo: che la zinnia spaziale invita a liberare finalmente dallo stereotipo poetico su cui si sono esercitati non solo i grandi poeti, ma generazioni di dilettanti. Maltrattandone in rima i colori e i profumi.
«Una zinnia è una zinnia...», a maggior ragione se nasce e cresce al di fuori del suo ambiente naturale. Linneo, nei suoi deliri classificatori, decise di battezzarla così in omaggio al suo allievo Gottfried Zinn, che la studiò per primo. Ma non avrebbe mai immaginato che un giorno quella sorta di margherita originaria del Centro America potesse fiorire ben al di sopra delle nuvole, in un cielo lontanissimo che si chiama Termosfera, pur minacciata da muffe mai conosciute prima. Senza dire che da ieri è esposta al serio rischio di finire in un best seller della fantascienza intitolato Il nome della zinnia.