Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 17 Domenica calendario

Maurizio Maggiani è andato a trovare l’aquila reale

Sono andato a trovare l’aquila reale. A casa di un bracconiere, un montanaro, un brav’uomo. Se ne sta a casa sua, appollaiata sulla tromba delle scale onusta di anni e di passate glorie, maestosa e un po’ floscia, gli occhi di un bel vetro rosso persi in oscuri traguardi di mestizia, il becco adunco e tremendo, gli artigli serrati su un agnellino di pelouche, le ali raccolte sul suo possente scafo segnate dal fastidioso attacco delle pulci verdi. Certo sarebbe un’altra cosa se avesse le ali dispiegate, si rammarica il brav’uomo, ma non ci stavano, sono quattro metri, dove me la mettevo?
Sì, sarebbe stata un’altra cosa, più umiliazione, più vergogna, più pulci e zecche per la casa. Il montanaro l’ha fatta secca perché stava appresso al suo cane e non gli dava tregua e se lo voleva pappare a tutti i costi. Un bel cane bisogna dire, un ramingo pastore belga che sa spaccare il ghiaccio con i denti per bere dalla sua ciotola.
Deve avere trovato da qualche parte un cannoncino dell’antiaerea per seccare quell’aquila, quell’uccellaccio non è mica un fagiano, quello è il re dei rapaci pennuti come dice la parola stessa. Me lo mette in mano, qualcosa del genere, un moschetto che sembra un lanciamissili, peserà dieci chili, è gesto da eroe anche solo tenerselo in spalla. E lui, il brav’uomo bracconiere, se l’è portato lassù nella sua bela muntaigna, a un passo da Dio che con un dito tocchi il cielo, e con due colpi ha sistemato i penosi conti con la natura matrigna.
E le pulci gli danno ragione.