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 2016  gennaio 18 Lunedì calendario

Che fine ha fatto Francesco Caruso (quello dei no global)

Caruso, devi restituire 11mila euro allo Stato italiano.
«È una carognata di Maroni».
Una sentenza di fine 2015 del Tribunale civile di Roma ha fatto rispuntare dagli archivi polverosi delle cronache Francesco Caruso, uno dei leader no global di dieci anni fa, poi parlamentare di Rifondazione comunista, oggi a 41 anni impegnato nella sua seconda vita di papà (ha una bimba di due anni e mezzo) e di ricercatore all’Università di Cosenza. Quella che per Caruso è una carognata è l’azione che l’ex ministro Maroni intraprese nel 2003 per revocare un finanziamento precedentemente concesso per l’organizzazione di un network di centri sociali autogestiti in Campania. Dopo 12 anni il giudice ha stabilito che quei soldi vanno restituiti.
Come la mettiamo, Caruso?
«Ti dirò, questa richiesta non me la sono mai inculata per anni, ma ora tocca pagare».
Quanto, precisamente?
«6mila euro più le spese processuali, fanno 11mila euro».
Ce li hai?
«Macché. C’è una petizione on-line per raccoglierli, abbiamo tirato su 2mila euro. Poi si è fatto vivo Zulù, il leader dei 99 Posse, che dice: “Guaglio’, facimmo accussi: facciamo un bel concerto a 15 anni da quel campeggio e chiediamo un contributo a chi partecipa».
Se vuoi fare un appello ai lettori di Libero, sai mai… Caruso ride.
«La vedo dura. Però se mi scrivi una bella infamità tipo “Caruso è un drogato” io vi querelo e tiro su un po’ di soldi».
Torniamo a Maroni.
«Allora sapessi quanti insulti gli ho tirato: infame, fascista, bastardo, non mi facevo scrupoli, ora sono più misurato».
Quindi?
«Dico che è una carognata. Un’operazione squallida, tutto per 6mila euro. Da ministro del Lavoro aveva cose più serie a cui pensare».
Francesco Caruso, ex no global e disobbediente. Oggi che lavoro fai?
«Da 10 anni sono ricercatore all’Università di Cosenza. Prendo 1.400 euro al mese».
Di che ti occupi?
«Ricontadinizzazione del meridione, il ritorno all’agricoltura per molti giovani. Ma a maggio il contratto è scaduto, a settembre ho presentato il progetto all’Ue e me l’hanno bocciato, attendo risposta per un nuovo progetto».
Bocciato.
«L’ho scritto in un inglese coi piedi, ora mi sono attrezzato. Ah, poi tengo un corso di sociologia a Catanzaro».
Aldo Grasso ha scritto: «Caruso, da sovversivo a sociologo».
«La valutazione sugli incarichi di insegnamento spetta a una Commissione che decide in base alle pubblicazioni».
Sei il cattivo maestro in cattedra.
«Chi lo dice? Che sia Matteo Salvini, che al 14esimo anno fuori corso ha abbandonato gli studi, a sindacare se io possa insegnare o meno mi sembra paradossale. La risposta più efficace sono i 300 iscritti al corso, in un periodo di crollo di immatricolazioni».
Il Coisp, sindacato di polizia, denuncia: Caruso, no global con precedenti penali che insegna è una vergogna.
«Nemmeno nel Cile di Pinochet la polizia sceglieva i docenti. In Italia c’era il giuramento di fedeltà dei docenti al Fascismo, ma era il 1931. Poi, parliamo della fedina penale…».
Parliamone.
«Faccio presente a lor signori che, dopo ventisei procedimenti penali a mio carico, non ho condanne definitive».
Ventisei?!
«Sì, a un certo punto erano tanti. Bastava che partecipassi a una manifestazione e zac, mi tiravano dentro. Sono stato anche arrestato con l’accusa di associazione sovversiva per il “Contro G8”: sono stato prosciolto e lo Stato mi ha dato 4mila 400 euro di risarcimento. Ora li restituisco, dopo la carognata di Maroni».
Ti sei fatto il carcere?
«Un mese a Viterbo, nel 2003. Ero ancora giovane e sfavillante».
Che esperienza è stata?
«Abbastanza formativa, con l’occhio postumo del sociologo. Una bella ricerca sul campo. La consiglierei a molti dei politici attuali».
Prima devono compiere un reato.
«Le ipotesi di reato non mancano, mi sembra».
Cosa hai capito a Viterbo?
«Che il carcere ti abbrutisce. Esci che sei una persona peggiore di quando sei entrato».
Rinneghi quegli anni?
«No, anzi. Penso ci sia un filo di continuità con quello che faccio, malgrado lo stato comatoso in cui versano i movimenti sociali in Italia oggi».
Sei stato anche in Parlamento.
«Che brutta esperienza».
Perché?
«C’era quella assurda maggioranza Prodi, una marmellata. La maggior parte dei problemi della sinistra radicale nascono da lì».
In che senso?
«Io mi sentivo un infiltrato nella Casta. Volevo cercare di portare in Parlamento le rivendicazioni della piazza, ma l’esito è stato disastroso. La sinistra non è riuscita a farsi percepire come estranea al sistema».
Fammi un esempio pratico.
«Il 70% dello stipendio lo giravo al partito e condividevo la stanza di un appartamento con un altro parlamentare. Uno che russava parecchio, tra l’altro».
Ahi, russava?
«Non farmi fare il nome. Mi hanno rifilato questo che russava. Vivevo meglio da studente universitario fuori sede che da parlamentare ma la sinistra non è riuscita a trasmettere questo messaggio».
Qualcosa di buono salverai di quella legislatura?
«Giravo nei buchi neri della democrazia, i manicomi criminali. Mi incatenavo all’opg di Aversa, entravo nelle celle coi matti. Oggi finalmente questi luoghi sono chiusi».
Anche in Parlamento provocavi. Hai piantato semi di marijuana nel giardino della Camera.
«Ah ah, l’avessi veramente fatto oggi ci sarebbe un albero alto quindici metri, se ne sarebbero accorti».
Era una finta?
«Bisognava spingere per la depenalizzazione delle droghe leggere e volevo smuovere le acque».
C’erano cannaioli tra i colleghi?
«Non lo so, non ci ho fatto caso».
Caruso l’omertoso.
«Come in tutte le classi agiate credo ci sia un uso sproporzionato di cocaina. Io farei una bella analisi delle fogne di Montecitorio, come studio sociologico. Prelevi le acque e fai le analisi. Sai quanti ne scopriremmo di questi che decantano i valori tradizionali e poi vanno a mignotte e si fanno di coca?».
Renzi è di sinistra?
«È un manipolatore digitale. Ormai la politica è un teatro in cui chi sa recitare meglio va avanti. Renzi ha la capacità di sintonizzarsi con il senso comune, ma c’è chi a partire da questo cerca di migliorare il Paese, il contesto sociale, abbattere le disuguaglianze e chi ne fa uno strumento di speculazione politica».
Renzi a quale categoria appartiene?
«La seconda. Spero che possa essere sgonfiato attraverso il referendum a ottobre. Ha detto che se perde si ritira a vita privata? Speriamo di liberarcene immediatamente».
Da chi ti senti rappresentato?
«In Italia siamo provinciali. Io guardo all’Andalusia, in Spagna. Collaboro all’esperienza politicamente più interessante che ci sia: Marinaleda, dove un sindacato gestisce il comune. Il sindaco è Juan Manuel Sánchez Gordillo, la disoccupazione è zero, la casa costa quindici euro al mese, l’asilo costa un euro al mese. Chi vuole lavora in una delle nove cooperative del comune, il salario è uguale per tutti, 44 euro al giorno, e lavori quanto vuoi».
Viva il comunismo!
«Macché. Il farmacista o il medico di Marinaleda guadagnano di più, ma chi lavora in cooperativa prende 44 euro. Non è l’Unione sovietica».
E in Italia?
«Siamo messi molto male. Alle Europee ho votato la lista Tsipras. Ma non c’è nessuno che mette al centro la vera questione».
Che sarebbe?
«La mezzogiornificazione».
Ecco il sociologo Caruso.
«Il Meridione. Ci vorrebbe la mezzogiornificazione dell’Europa, guardare ai problemi del Sud».
Grillo ti piace?
«Mi affascina l’entusiasmo del M5S nei territori, i banchetti, l’impegno genuino ma è tutto inserito in un meccanismo perverso di autoritarismo digitale che mi fa paura».
Eri famoso per le frasi forti. Hai detto «a Berlusconi darei due ceffoni».
«Ceffoni umanitari».
Che differenza fa?
«Lui voleva fare la guerra umanitaria, allora io dissi: “se esiste la guerra umanitaria allora esistono i ceffoni umanitari e te ne vengo a dare due o tre”».
Hai detto «abbiamo spedito al ministro Scajola un bossolo di pistola».
 «Discutevamo in sede di preparazione del G8 di Genova dell’uso delle armi e lui disse: “Ma pensate che le forze dell’ordine sparino in piazza?”. Si è visto… Ma erano forme di comunicazioni irruente, ora sono più riflessivo. Sarà il peso della sociologia, prima aprivo la bocca e via, ora penso».
A proposito del G8, chi era Carlo Giuliani?
«Come è scritto sulla lapide: un ragazzo, né più né meno. Il resto sono strumentalizzazioni. Forse tra trent’anni ne potremo parlare con più libertà. Nel 1898 Bava Beccaris prese a cannonate i cittadini di Milano che per la stampa dell’epoca erano facinorosi, teppisti, vandali. Per cogliere il senso storico degli eventi ci vuole un distacco temporale. Ma già oggi sono stati fatti passi avanti: che ci siano state torture alla Diaz è consapevolezza abbastanza diffusa. Non so quanto tra i lettori di Libero ma l’opinione comune è questa. Se lo dicevi il giorno dopo ti guardavano come un matto».
Per cosa torneresti a combattere in prima linea?
«Per il reddito minimo garantito. Ci vorrebbe una protesta meridionale con 200mila in marcia su Roma per rivendicare questo diritto. In Italia ci sono 4 milioni e mezzo di poveri assoluti, il 65% di loro sono al sud e nessuno ne parla. Bisogna garantire almeno un reddito di 800 euro al mese. Era una delle mie due proposte fatte da parlamentare: il reddito minimo garantito. L’ho fatto anche per me».
Cioè?
«Ho fatto i calcoli. Con il mio stipendio se va bene prenderò 620 euro di pensione».
Grazie, Caruso. L’intervista esce lunedì.
«No, dai».
Cosa?
«Non chiedermi di comprare Libero. Pensa se qualcuno mi vede con in mano una copia».