18 gennaio 2016
In Siria l’Isis massacra trecento civili • Tra le vittime dell’attentato in Burkina Faso c’è un bambino italiano di nove anni • Papa Francesco in visita alla Sinagoga di Roma • Sciame sismico in Molise • Il boom del social eating
Siria L’ultimo massacro dell’Isis si è svolto fra sabato e ieri a Deir Ezzor, una delle città assediate della Siria, sfuggita al controllo governativo nel 2013. Giustiziati circa 300 civili, accusati di essere collaborazionisti schierati con il governo di Damasco e con il contingente di Assad che da due anni resiste nella parte occidentale della città. Gli uomini sono stati giustiziati subito. Alcuni decapitati, secondo testimonianze raccolte dall’Osservatorio per i diritti umani in Siria (Sohr), vicina all’opposizione. Donne e bambini, quattrocento, sono stati portati via come ostaggi. Il massacro è avvenuto nel sobborgo Nord-occidentale di Al Baghiliyah. L’Isis ha scagliato uno dozzina di mezzi blindati kamikaze contro le linee governative. Tra i 50 e gli 85 soldati sono stati uccisi, il fronte sfondato. Gli islamisti hanno preso il controllo del quartiere ed è cominciata la vendetta (Stabile, Sta).
Burkina Faso Tra le vittime dell’attentato jihadista di venerdì notte a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, c’è anche un italiano. Michel Santomenna, un bambino di 9 anni, figlio di Gaetano Santomenna, proprietario del bar-pasticceria «Cappuccino», insieme all’Hotel Splendid, uno dei due luoghi presi d’assalto dal gruppo fondamentalista Al-Murabitoun. Al momento della sparatoria il figlio del proprietario del locale si trovava all’interno della struttura insieme alla madre e alla zia, entrambe cittadine ucraine, e anche loro uccise dai colpi degli Ak-47 del commando jihadista. Una tragedia famigliare a cui Gaetano Santomenna è scampato perché quando i terroristi hanno fatto irruzione nel locale si trovava in cucina o in magazzino. Al contrario della moglie e del figlioletto che stavano all’ingresso del ristorante (Simoncelli, Sta).
Sinagoga Ieri Papa Francesco ha fatto visita alla Sinagoga di Roma. Dopo la sosta davanti alle lapidi che ricordano il rastrellamento nazista del 16 ottobre ‘43 e Stefano Gaj Taché, il bimbo ucciso dai terroristi palestinesi nell’attentato del 9 ottobre 1982, la terza visita di un Papa al Tempio maggiore è iniziata come non si era mai visto né la prima volta di Wojtyla, nell’86, né con Benedetto XVI sei anni fa: dopo l’abbraccio sulla soglia col Rabbino capo Riccardo Di Segni, Francesco entra in Sinagoga tra gli applausi e per una ventina di minuti va avanti e indietro tra i banchi per salutare e stringere mani, fino ad abbracciare e baciare sulle guance i sopravvissuti ai campi di sterminio. Sono passati cinquant’anni dalla Dichiarazione conciliare Nostra Aetate che segnò la svolta nel rapporto tra cattolici ed ebrei. Di Segni ricorda che secondo la tradizione rabbinica «un atto ripetuto tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa». Francesco annuisce mentre il rabbino gli dice: «Interpretiamo tutto questo nel senso che la Chiesa cattolica non intende tornare indietro nel percorso di riconciliazione». Francesco parla dello sterminio di sei milioni di ebrei durante la Shoah e ricorda «col cuore» i 1.021 deportati romani, «il passato ci deve servire da lezione per il presente e il futuro». Cita «la bella espressione “fratelli maggiori”» di Wojtyla e va oltre: «Voi siete i nostri fratelli e sorelle maggiori nella fede». Ricorda «l’inscindibile legame che unisce cristiani ed ebrei» e dice che «i cristiani non possono non fare riferimento alle radici ebraiche». Poi il richiamo all’oggi: «Conflitti, guerre, violenze ed ingiustizie aprono ferite profonde nell’umanità e ci chiamano a rafforzare l’impegno per la pace e la giustizia. La violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche» (Vecchi, Cds).
Terremoto Ieri in Molise la terra ha ricominciato a tremare. Una decina di scosse in tutto nella notte (magnitudo 3.3 nel pomeriggio, 3,6 alle 11 della sera), più di cinquanta in pochi giorni. La popolazione è spaventata, alla prima scossa tutti corrono per strada. Domenico Angelone, consigliere nazionale dei Geologi, molisano: «Non è il caso di lanciare allarmismi immotivati ma è bene vigilare: in Molise sono a rischio circa il 70 per cento degli edifici pubblici». Il presidente della Regione, Paolo Frattura, ha invitato immediatamente il sindaco di Baranello, comune alle porte di Benevento, epicentro del sisma, così come i comuni che gravitano nel raggio di dieci chilometri, a tenere le scuole chiuse, anche qualora siano ospitate in edifici antisismici. A Baranello hanno allestito un centro di accoglienza al campo sportivo, a Benevento, sabato, hanno evacuato il teatro Savoia mentre era in corso uno spettacolo (Foschini, Rep).
Social eating Sempre più numerosi anche in Italia gli appassionati di cucina che trasformano la propria casa in pubblico esercizio e diventano ristoratori per una sera. A mettere in contatto cuoco e clienti è naturalmente Internet. Fioriscono app e siti dedicati, il primo dei quali, per creazione e numero di iscritti, si chiama Gnammo: gli utenti iscritti sono 160 mila, quelli che hanno già effettivamente fatto l’esperienza 10 mila, i cuochi poco meno di 4 mila. Il meccanismo è semplice. Il cuoco mette in rete l’indirizzo di casa, la data, il menu e il costo della cena, il numero dei posti disponibili e magari le recensioni di chi ha già partecipato. I clienti si iscrivono, pagano, cenano e poi commentano. Spesso si mangia bene e sempre a prezzi più contenuti che nei ristoranti veri (Mattioli, Sta).
(a cura di Roberta Mercuri)