La Stampa, 18 gennaio 2016
L’evoluzione della merendina
Sacchettino di carta, confezione bio, scimmietta che penzola da un ramo. Lo slogan: «Adatto ai nostri piccoli grandi studenti». Chi non è uno studente? In maiuscoletto: «Una merenda sana e gustosa». Il marchio: «Scuola food». Siamo alla merenda post-post. Dentro frutta bio disidratata: mango, ananas.
Le merendine sono una specialità tutta italiana. Il primo a inventarle fu Angelo Motta. Buondì è del 1953. Cibo confezionato nato con il boom economico quando i più moderni prodotti dell’industria alimentare sostituirono le merende preparate in casa da mamme e nonne. Merenda viene da «meritare» ed è un termine già presente nel tardo medioevo, e in Boccaccio. Si tratta di «una delle più grandi invenzioni dell’industria alimentare». Nel 1961 arriva Brioss, successo della Ferrero nata da un decennio o poco più. La storia delle merendine può essere scandita così: Fiesta, Girella, Kinder Brioss, Saccottino, Crostatina, Clementina, Tegolini, Soldini. Dagli Anni Sessanta gli Ottanta. La seconda generazione incomincia con le Camille e i Plum cake. Alla fine degli Anni Novanta i consumi di dolci crescono del 36%. Tutto congiura: pubblicità, televisione, la generazione Bim Bum Bam (A. Aresu), quella di Renzi per intenderci. Dalla Fetta di Latte al Pinguì. Nei Novanta è poi la volta dei Flauti e di Yogo Brioss. Ci vorrebbe un sociologo, o forse uno scrittore, per raccontare la storia delle dolci merende italiane in parallelo a quella del costume. I colori, le forme, i nomi sono tanti elementi di questa trasformazione. Nei prodotti zuccherosi c’è la nostra cangiante identità nazionale, come nei film di Sordi e Moretti.
E ora? Dopo l’espansione energetica dei Sessanta siamo passati a prodotti con minori calorie. La fame endemica, quella pinocchiesca di bambini e ragazzi, è stata colmata nell’arco di trenta anni. Negli anni 2000 c’è una nuova esigenza: combinare leggerezza e gusto, salute e bisogni alimentari. Siamo nell’età naturista, anche se una merendina è pur sempre una merendina, cioè un prodotto industriale. Ora il sacchetto della Sitar, venduto in farmacia e nei supermercati, è la risposta post-post. Oltre la merendina? Probabilmente sì. Somiglia più alla razione K dei militari o a quella degli astronauti piuttosto che alle leccornie del passato che, sebbene racchiuse in confezioni di plastica, evocavano pur sempre la cucina di casa o il negozio del pasticciere. Il frutto esotico disidratato incarna la nuova situazione perfettamente: merendine nell’epoca dei droni.