La Stampa, 17 gennaio 2016
L’Austria sospende Schengen
L’Austria
ha annunciato di voler sospendere temporaneamente Schengen: ed è pronta a ripristinare la frontiera al Brennero. In un’intervista al quotidiano Oesterreich, il cancelliere austriaco Werner Faymann ha annunciato la svolta e ha usato toni inusitatamente duri nei confronti dell’Europa. «Chiunque verrà da noi dovrà essere controllato di più».
L’Austria ha deciso di sospendere Schengen. L’annuncio è arrivato ieri sera dal cancelliere Werner Faymann: «Chi non vuole o non può chiedere il diritto di asilo, deve essere respinto. Solo coloro che hanno diritto ad essere riconosciuti come profughi o che non vengono respinti dalla Germania possono rimanere» ha dichiarato. Schengen verrà «temporaneamente sospesa», com’era già avvenuto in autunno, nei giorni caldissimi dei flussi in massa dei rifugiati via Balcani. I guai, ovviamente, non nasceranno certo al confine con la Germania o la Svizzera, ma alle frontiere slovacca, ceca e, soprattutto, italiana. Quelle attraverso le quali transitano i profughi diretti verso nord.
Il politico socialdemocratico austriaco è alleato strettissimo di Angela Merkel, difficile pensare ad una mossa non comunicata alla cancelliera. Faymann ha anche detto che «se l’Ue non riesce a rendere più sicuri i confini esterni, Schengen dovrà essere messa in discussione in toto». L’annuncio arriva nei giorni in cui a Berlino gira voce che Merkel stia pensando a una mini Schengen di Paesi europei che si chiuderebbe rispetto al resto dell’Ue e che comprenderebbe Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Austria. Una mossa che avrebbe lo scopo di mettere sotto pressione i Paesi dell’Est, ma anche Italia e Grecia, colpevoli, secondo la Germania, di non controllare abbastanza i profughi in arrivo e di non costruire abbastanza velocemente gli hot spot. Faymann ha anche annunciato che taglierà gli aiuti per i Paesi che non assorbono le quote di profughi concordate con l’Ue.
L’attacco alla Merkel
Il tema dei profughi continua a tenere banco anche in Germania. Il primo ministro della Baviera, Horst Seehofer (Csu), dopo la breve riconciliazione del congresso di dicembre, ha ricominciato ad attaccare Angela Merkel con più vigore di prima. E, in generale, per la cancelliera sembra cominciato un conto alla rovescia: se entro il Consiglio europeo di febbraio non sarà riuscita a incassare risultati concreti, le pressioni nel suo partito per una soluzione interna – leggi: sospensione di Schengen – potrebbero diventare schiaccianti. In un’intervista con Spiegel, Seehofer ha rinnovato la minaccia di fare ricorso alla Corte costituzionale: «Nei prossimi 14 giorni inviteremo il governo a ristabilire legalmente l’ordine al confine». Se Merkel non risponderà, scatterà la denuncia a Karlsruhe. Nei giorni scorsi il governo bavarese ha diffuso il parere di un ex giudice della Corte, Udo Di Fabio, che aveva criticato il governo per un controllo troppo scarso delle frontiere.
Pur difendendo la cancelliera, in un’intervista alla Sueddeutsche Zeitung il ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble ha parlato di un «tempo limitato» per realizzare le misure europee che dovrebbero ridurre i flussi. E ha scatenato una bufera (anche nel suo stesso partito) per la proposta di una tassa europea sulla benzina per finanziare le misure in favore dei profughi.
Pressioni su Merkel sono arrivate anche da un peso massimo dei cristianodemocratici come Volker Bouffier. «Io punto ancora ad una soluzione europea – ha detto il primo ministro dell’Assia – ma se in Europa non si riesce ad andare avanti, bisogna trovare nuove strade». Il ministro degli Interni bavarese e compagno di partito di Seehofer, Stephan Meyer, è più esplicito: «Se l’Europa non è in grado» di trovare una soluzione, «il governo deve ricorrere a misure nazionali per ridurre i profughi in modo veloce e consistente».
Ma anche dai vertici della Spd è partito il pressing su Merkel: il capogruppo al Bundestag, Thomas Oppermann, ha chiesto che la soluzione europea promessa «arrivi presto»; il vicecancelliere Sigmar Gabriel ha spiegato che «se le misure non faranno effetto entro la primavera, i numeri da gestire saranno difficili».