la Repubblica, 17 gennaio 2016
Il caso Quagliarella e i branchi del calcio
Guardo Immobile: infila il rigore, tirando due volte nello stesso punto, e mima il simbolo del cuore. Osanna dei tifosi. Guardo Immobile e penso a Quagliarella, in panchina. Secondo me Ventura ha sbagliato: 5. Potrà sempre dire che l’ha fatto per evitare al giocatore una forte contestazione, e forse ha ragione lui. Ma una misura protettiva che sa di punizione da cosa protegge? Gli ultrà granata Quagliarella lo avevano già bollato facendo ricorso alla cabala napoletana: sei un 71, recitava uno striscione (omm’ ’e mmerd’). Che aveva combinato Quagliarella per meritarsi il giudizio? Con un gesto aveva chiesto scusa ai tifosi del Napoli e non aveva esultato dopo aver segnato su rigore. Dettagli: Quagliarella è nato a Castellammare di Stabia, la sua famiglia ci vive. Il Napoli è la squadra per cui tifava da ragazzo, nel Napoli aveva giocato prima di essere ceduto alla Juve e, poi, al Torino, dov’era cresciuto.
A volte ho l’impressione che il dopogol sia diventato più importante del gol. Il modo di festeggiarlo o non festeggiarlo è attentamente valutato da giurati infallibili (secondo loro): i tifosi. Di festeggiamenti ne abbiamo visti molti. Mimati (il tagliagole, l’arciere, il violinista, il mitragliere), familiari (Irina te amo, pallone sotto la maglia uguale pancione preparto, pollice in bocca uguale parto avvenuto), lavorativi con ammirazione (lustrascarpe), acrobatici (capriole), toraci esposti (poi, col giallo automatico, meno), studenteschi-militareschi (botte in testa), corsa sotto la curva (questo piace molto ai tifosi), trenini coreografici (il cane che piscia) balletti assortiti (meglio se sudamericani e all’ultima moda, mai visto un valzer) e altro ancora. Da alcuni anni, con poche eccezioni, chi segna a una sua ex squadra non esulta. Se io fossi calciatore esulterei sempre, in modo non eccessivo né tantomeno irridente. Esulterei perché si va in campo per fare gol, perché si fa gol per sé e per i compagni, perché gioia e sollievo sono reazioni umane. Chi non esulta dice di farlo per rispetto degli ex tifosi. È una scelta sua, può avere ottimi ricordi di questa o quella tifoseria. Di tutte non credo ma, ripeto, sono affari suoi. Ma è rispetto o timore? Di maglie Quagliarella ne ha già cambiate 8. Insultato dai tifosi del Napoli come traditore della maglia, poi da quelli della Juve perché partito dal Torino, poi da quelli del Torino perché arrivato dalla Juve e adesso da quelli del Torino perché troppo tenero con quelli del Napoli, Quagliarella è un giocatore che sperimenta quanto sia difficile giocare non a calcio, ma con sentimenti e risentimenti. Ed è anche, in questo momento, un uomo solo, o isolato. Solidarietà (7,5) e altre considerazioni.
Da professionista, Quagliarella a Napoli ha fatto il suo dovere. Poteva anche rifiutarsi di tirare il rigore. Non mancano precedenti illustri. No, l’ha tirato e l’ha segnato. L’avesse sbagliato, che succedeva? L’avrebbero accusato di averlo sbagliato apposta? È quello che ha urlato domenica scorsa un branco di picchiatori a Simone Simeri, attaccante del Potenza. Squadra (serie D) aggredita al ritorno dalla sconfitta di Manfredonia. Picchiatori, alcuni dotati di tirapugni, hanno colpito nel mucchio, coinvolgendo anche sedicenni che nemmeno avevano giocato. Simeri, 23 anni, ha segnato 9 gol in 15 partite e non si capisce perché avrebbe dovuto sbagliare apposta il rigore. Ne hanno sbagliati, ad altri livelli, Maradona, Platini e Zico, può sbagliarne anche Simeri. È un ragionamento talmente banale che non ha nemmeno sfiorato il branco di Potenza, né tutti gli altri branchi che stanno rovinando il calcio proclamando al contempo di essere i migliori, i più puliti e puri. A Quagliarella nemmeno è servito aver segnato il 2-1 nell’ultimo derby dello scorso campionato, il gol che costrinse la Juve a rinviare la festa-scudetto. Ingratitudine granata. Ingrantitudine.
Perché Quagliarella ha lasciato Napoli, o ha dovuto lasciarla? S’è capito meglio in settimana, al processo contro Raffaele Piccolo, uno stalker particolarmente addentro ai meccanismi della comunicazione: membro (ex) della polizia postale. Per anni ha diffamato personaggi campani, sport e spettacolo. Nel caso di Quagliarella lettere anonime e sms sui cellulari del calciatore e delle persone a lui più vicine con accuse molto pesanti: camorrista, assiduo frequentatore di orge organizzate dalla camorra, e, carico da undici, pedofilo. I messaggi arrivavano pure alle squadre di calcio: al Napoli soprattutto, ma anche a Samp, Udinese e Juve. Non tutti cadono nel vuoto. È anche così che Quagliarella diventa un traditore e un bersaglio per una categoria abbonata all’amore cieco, stretto parente dell’odio sordo. In un quadro cupo, un po’ di luce: sulla prima pagina dell’Avvenire c’è un pezzotto in endecasillabi, che sembra in prosa ma è intitolato Endecasillabi. Un po’ di luce e un’ideuzza: copiare. L’endecasillabo è impegnativo, dovessi mai scrivere di Renzi userei l’ottonario. Ebbene sì, ho cominciato a leggere sul Corriere dei piccoli: alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai.