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 2016  gennaio 17 Domenica calendario

Perché tutti amano Adele

Tutti, ma proprio tutti, amano Adele. A conferma di un vecchio infallibile principio della musica. Quando c’è da ricostruire, spiazzare, disegnare nuovi mondi, non c’è nulla di meglio che la voce umana, l’unico strumento inimitabile, non replicabile, diverso da individuo a individuo. Perché questo è soprattutto Adele: pura voce, voce e niente altro che voce. Ennesimo monolitico tempio alla più squisita qualità della razza umana: parlare, meglio ancora cantare. Difficile spiegare altrimenti il dilagare oceanico di questa nuova voce, una di quelle che, come ha notato giustamente Jovanotti su queste pagine, «basta che apri il microfono e via, il gioco è fatto, non serve altro». E infatti tra i vari primati della cantante c’è quello di aver imposto uno stile di assoluta sobrietà, perfino un singolo a diffusione planetaria come Someone Like You inciso per sola voce e pianoforte, quasi una bestemmia in un’era in cui tutti sembrano avere paura del silenzio e riempiono i vuoti con tutto quello che hanno disposizione. Sembrerebbe una rivolta, un attestato di massa in favore del recupero dell’autenticità. E certamente lo è, almeno nella testa dei milioni e milioni di spettatori, ascoltatori che cliccano, scaricano i suoi video e file (985 milioni di visualizzazioni in 88 giorni solo per Hello, un record), una potenza di fuoco momentaneamente superata solo dalla morte di Bowie. Cosa c’è dietro tutto questo?
Adele Laurie Blue Adkins è davvero una strana ragazza, tutta curve e bordate di capelli che vanno e vengono nel corso del tempo, vezzosamente antica coi suoi trucchi sixties, e le acconciature eccessive. La persistenza di un accento working class, ruvido e rigorosamente cockney della Londra del nord (Tottenham), il suo modo di scherzare e gigioneggiare la fanno apparire sempre come una ragazza comune ma con un talento talmente enorme da essere ineluttabile: bastò che un amico postasse un suo demo su Myspace per stuzzicare l’interesse di un discografico. Il suo primo album, 19, pubblicato nel gennaio del 2008, arriva dritto al numero uno in classifica. Il titolo si riferisce alla sua età, un vezzo che manterrà anche poi marcando la sua crescita in tempo reale: 19, 21 e 25, i suoi tre dischi, quasi come l’attore Jean-Pierre Léaud che Truffaut fece crescere nei suoi film seguendo le tracce dello stesso personaggio Antoine Doinel. Sbanca con un pezzo intitolato Chasing Pavements. Il video la mostra con gli occhioni chiari spalancati, da bambola, le labbra carnose, il viso pingue. È soul bianco, dicono di lei gli esperti, la voce è potente, sicura ma la data del suo primo exploit offre una possibile chiave interpretativa. A quell’epoca Amy Winehouse non incideva già più nulla, persa nelle buie retrovie della sua disperazione, ma aveva spianato la strada, aveva rivelato questa voglia di grandi voci, di bellezza vocale, di soul bianco, appunto, di musica che potesse essere in vari modi ricondotta all’anima. Amy però non concedeva più di tanto al pubblico, era spaventosamente vera, emozionante, forse troppo emozionante per poter servire da consolazione, da gradevole accompagnamento. E qui arriva il genio, all’inizio ampiamente inconsapevole, di Adele. D’istinto riempie il vuoto che lascia Amy, e lo sposta verso un orizzonte molto più accettabile, più inoffensivo. Più che l’emozione, che può essere insopportabile, costruisce la rappresentazione perfetta dell’emozione. E la rende godibile per tutti, grandi, piccini. Una voce, nitida, precisa, senza esitazioni, spesso priva di code e lungaggini, secca, netta, una lama che va dritta allo scopo, a lasciare ferite indelebili sulla pelle, più che sul cuore, il timbro che a tratti si spezza, si lacera come quando il parlato si rompe per l’emozione, ma sempre sotto un ferreo controllo. È incontestabile, diventa indiscutibile. Perfetta.
Curiosamente lei indica come influenza le Spice Girls, che però sono il suo opposto: cantanti modestissime.Per sua fortuna scopre poi Etta James (la passione) Ella Fitzgerald (la libertà), Roberta Flack (il controllo) e naturalmente Amy. La sua è una strada segnata, da subito. Prova anche a buttarla a mare cancellando il previsto tour che dovrebbe “spingerla” sul mercato americano, storie di eccessive bevute e di un amore tormentato, ma poi si riprende e dimostra un’altra qualità sopraffina: una sorta di istinto feroce nel dare il massimo nei momenti decisivi. Annulla i concerti negli Usa ma viene invitata al Saturday Night live e come nelle migliori storie del pop (da Elvis in poi) ne tira fuori un momento esplosivo, siamo nell’ottobre 2008, con 17 milioni di spettatori e un enorme balzo in classifica. Da lì in poi i grandi numeri la accompagnano come fedeli cagnolini. Quando esce 21, va primo in classifica in ventisei nazioni. Il singolo, Someone Like You, è probabilmente il suo vertice emotivo. Dirà che il disco era stato realizzato sulla scia della sua delusione amorosa. E indovina un’altra performance televisiva da brividi ai Brit award. Ogni volta che il mondo è lì a guardarla, Adele non sbaglia. Non è una perdente. Non è come Amy. Anzi.
E continua a battere record. Sulla scia del successo di 21 torna su in classifica anche 19, e così si ritrova due singoli e due album in classifica contemporaneamente. Non succedeva dal 1964: erano i Beatles. In un solo anno, il 2013, colleziona un Oscar per Skyfall (che oltretutto la inserisce nell’olimpo delle più fortunate soundtrack bondiane) e la decorazione come Membro dell’Ordine dell’Impero britannico (la stessa ricevuta a suo tempo sempre dai Beatles): durante la cerimonia manca poco che inciampi sul principe Carlo, goffa come una ragazzina del popolo invitata per sbaglio a corte. Ma in quanto Cenerentola diventa principessa senza neanche bisogno del Principe.
Subisce perfino un’operazione alle corde vocali con doveroso stop. Ma si riprende giusto in tempo per un’altra pausa. Lei, vissuta di fatto senza padre, cresciuta dalla madre che l’ha avuta appena ventenne, decide di fermarsi, di avere un bambino, un figlio dal nome italiano: Angelo nasce il 19 ottobre 2012. Passano addirittura tre anni, ma il suo destino è ineluttabile. Adele si presenta dimagrita (30 chili in tre anni si dice), vegetariana, più spiritosa che mai, “rappa” scatenata in auto col conduttore James Corden, duetta con Jimmy Fallon, e pubblica un disco, il terzo, 25,
che sbanca, sbaraglia, devasta, un altro terremoto discografico. Un disco perfetto, al punto da generare qualche sospetto. Adele è la rappresentazione dell’emozione come i nostri tempi chiedono. Accettabile, credibile, non troppo devastante, sicura, convincente, brava. E ha una voce che non ammette repliche, e regala a tutti la sensazione di apprezzare e ammirare un monumento al talento.