Corriere della Sera, 17 gennaio 2016
Tsai Ing-wen, la progressista che ha vinto a Taiwan e vuol tenere a distanza la Cina
DAL NOSTRO INVIATO
TAIPEI «Coraggio, Tsai Ing-wen» ha cominciato a gridare la folla nella notte di Taipei appena la signora ha superato la soglia della vittoria trionfale nelle elezioni presidenziali di Taiwan: quasi il 60% dei voti contro il 30% del candidato del Kuomintang. E avrà bisogno di molto coraggio questa giurista di 59 anni che diventa la prima donna al potere in una nazione di lingua cinese. Lei, con voce delicata ha risposto: «Il popolo ha scritto la storia, diciamo al mondo che siamo orgogliosi di essere taiwanesi, di essere un popolo democratico di 23 milioni di anime». Il mondo al quale si rivolge la nuova presidentessa è molto vicino, al di là dello Stretto: è la Cina.
Non sono parole da poco, quelle pronunciate da Tsai, perché la sua vittoria riapre il problema dei rapporti tra Taipei e Pechino, segnando una sconfitta per il grande piano della Cina comunista: riportare sotto il suo controllo l’isola nella quale si rifugiarono nel 1949 le forze residue del generalissimo Chiang Kai-shek. Tsai infatti guida al governo il Dpp, Partito democratico progressista, che è contrario alla riunificazione e sogna l’indipendenza. Ci sono almeno mille missili cinesi puntati su Taiwan, quindi la parola indipendenza potrebbe accendere la miccia.
Tsai Ing-wen ieri notte ha parlato di «identità e orgoglio taiwanesi», ha detto che Taiwan dev’essere forte per proteggere la propria «sovranità nazionale» e assicurare che non si verifichino tra le due parti dello Stretto provocazioni e incidenti. Un passaggio chiave è stato quello sul «mantenimento dello status quo»: significa che per 67 anni Taiwan è stata indipendente di fatto, pur senza essere riconosciuta dalla maggior parte della comunità internazionale, timorosa di irritare la potente Cina. Status quo è dunque prosecuzione della democrazia taiwanese senza sbandierare la parola indipendenza in faccia a Pechino. E poi ormai ci sono legami commerciali con la Cina continentale valutati in oltre 170 miliardi di interscambio annuale: un abbraccio economico al quale Taiwan non può più sottrarsi. La finzione dello «status quo» però potrebbe non bastare più. «In realtà lo status quo è già stato stravolto e travolto da questa nostra dipendenza economica dalla Cina», ci ha spiegato il professor Yachung Chan dell’Università di Taiwan.
Da Pechino la prima reazione è stata fredda: commentando la vittoria della «leader della regione taiwanese», il Quotidiano del Popolo ricorda «che nessuno deve turbare i rapporti tra le due sponde dello Stretto». Il presidente Xi Jinping ha ripetuto più volte che il problema della riunificazione con Taiwan va risolto, non può più essere passato di generazione in generazione. Il tempo quindi, nei piani della Cina, sta scadendo.
Con le sue lauree in legge alla Cornell University americana e alla London School of Economics, Tsai Ing-wen è sicuramente attrezzata per agire in modo cauto e responsabile. E una lezione l’ha già data nei fatti alla Cina. Questa donna presidente e le molte candidate elette ieri nelle elezioni parlamentari ricordano che Taiwan è molto più avanti di Pechino non solo per democrazia, ma anche per presenza femminile in politica. Ci sono solo due signore nel Politburo comunista. L’ultima donna ad avere responsabilità di governo in Cina fu all’inizio del secolo scorso l’Imperatrice vedova Cixi; prima di lei ci fu nel VII secolo l’imperatrice Wu Zetian. E nella storia della Repubblica popolare l’unica a diventare famosa (e famigerata) è stata Jiang Qing, ultima moglie di Mao, finita all’ergastolo dopo gli orrori della Rivoluzione Culturale e morta suicida nel 1991.
Ora il mondo di lingua cinese ha finalmente una donna al vertice del potere. Della vita privata della giurista Tsai si sa poco: non è sposata e non ama parlare di quello che fa nel tempo libero; si scioglie un po’ solo quando le si chiede di animali, perché ha due gatti di nome Ah Tsai e Think Think.
Qualcuno ha definito Tsai Ing-wen la Hillary Clinton o la Angela Merkel dell’Asia. Se proprio si deve fare un paragone, forse è meglio accostarla alla cancelliera tedesca, perché la nuova presidente di Taiwan non proviene da una famiglia radicata nella politica, come invece la signora Clinton. Lei, quando a Washington le hanno chiesto a chi si ispirasse, ha sorpreso tutti citando Charlene Barshefsky, rappresentante Usa al Commercio tra il 1996 e il 2001.