La Gazzetta dello Sport, 15 gennaio 2016
Danilo Gallinari è diventato grande
Sta scolando la pasta, Danilo Gallinari: l’umore a mille. «Votatemi, votatemi!», scherza, riferendosi alla possibilità (non facilissima) di guadagnarsi, con le scelte dei tifosi, un posto da titolare all’All-Star Game di febbraio. Diventerebbe il primo italiano a giocare la partita delle stelle e per come ha iniziato il 2016, il suo nome è sulla bocca di tanti nel pianeta Nba. E, naturalmente, c’è la felicità per la vittoria di mercoledì sera contro Golden State, grazie ai suoi 28 punti (6a gara consecutiva a gennaio sopra i 20, 26.2 di media) e a quel tuffo con cui si è sdraiato sul parquet e ha tolto il pallone dalle mani di Steph Curry, facendolo pasticciare proprio nel dribbling, il suo brevetto. Mancavano 7” alla fine e quella è stata la giocata chiave per infliggere ai Warriors la terza sconfitta della stagione. Gallo si schermisce: «Ne perde una ogni morte di papa di palle così, stavolta è successo. Cercava spazio per il tiro da tre, poco prima aveva infilato quasi da metà campo. Ho semplicemente provato a impedirgli la conclusione». Si auto-complimenta: «Sono stupito della mia reattività: da terra, con il fisico che ho, sono riuscito a rilanciare subito il contropiede. Niente male». Ride.
Avete battuto la primissima della classe.
«Infatti sono andato a letto alle tre ancora carico di adrenalina. Battere i migliori trasmette fiducia incredibile. Ma abbiamo giocato spesso buone partite, forse non per 48’».
Lei, poi, a gennaio sta andando a tutto motore con cifre stratosferiche: è cambiato qualcosa?
«In verità, penso di aver fatto bene fin dall’inizio. Magari ora sto giocando con più sicurezza e in modo più aggressivo. Sono coinvolto di più in ogni azione e tutto mi sta riuscendo bene. Vado in lunetta con frequenza, ma procurarmi i falli è un po’ la mia specialità».
Lo dice anche Ettore Messina: «Gallo è diventato un uomo franchigia».
«Ricopro questo ruolo già da qualche tempo. Ho spesso la palla in mano e sono la prima opzione: mi sento un leader. Vocalmente mi faccio sentire con i giovani e i rookie. Sono propositivo. Anche nei time-out: dico la mia e vengo ascoltato».
Dunque, buon feeling con coach Malone.
«Assolutamente. È un ottimo allenatore e una brava persona. Facciamo continuamente meeting individuali per capire dove migliorare. È schietto e diretto, come piace a me».
Significa che in passato ha avuto qualche dissapore con dei tecnici?
«Nella mia carriera, con uno solo: quello di due anni fa e lo scorso campionato (Brian Shaw, ndr). Non mi trovavo bene: più che problemi caratteriali, avevamo idee divergenti sulla pallacanestro».
E con Messina come va?
«Bene. Ho parlato molto con lui, ci siamo scambiati un po’ di idee. L’ho sentito carico e contento. Credo che il mio ruolo non sarà differente da quello dell’Europeo: essere pedina importante per la squadra».
Il c.t. dice che eredita un’Italia viva a cui è mancato un po’ di cinismo.
«Sono d’accordo. Il nostro entusiasmo è stato il punto di forza di quest’estate e non c’è dubbio che potevamo gestire meglio gli ultimi possessi. Giusto cambiare guida tecnica? Simone (Pianigiani) ha fatto un ottimo lavoro e io mi sono trovato molto bene. Questo tipo di scelte riguarda i vertici, noi giocatori non c’entriamo».
Ci pensa già al torneo preolimpico?
«Sono concentrato sul campionato Nba, ma ogni tanto succede e allora mi esalto. Anche perché con questa squadra le possibilità di andare a Rio sono ottime. E non vedo l’ora. Rischiamo di pescare gente tosta, come Francia e Serbia, ma sono convinto che per una volta saranno loro a dover avere paura di noi e a doversi preoccupare».
La decisione di legarsi ai Nuggets è stata solo economica?
«No. A Denver mi trovo bene: con le persone e la società. E mi auguro di rimanerci a lungo. E poi stiamo crescendo e la Western Conference quest’anno è un po’ anomala. Anche con la nostra classifica (15-24) abbiamo buone possibilità di andare ai playoff: io ci credo».
E per come sta giocando, potrebbe meritare la convocazione per l’All Star.
«Ci spero. Sarei il primo italiano: una cosa da brividi. Sarebbe bello arrivarci da titolare con il voto dei tifosi, ma altrettanto prestigioso, se non di più, essere chiamato fra le riserve dagli allenatori. Sarebbe un riconoscimento importante. E penso che la possibilità ci sia».
Domanda difficile: oro olimpico, titolo Nba e quello di mvp. In che ordine di classifica, sistemiamo questi trofei?
«Senza dubbio, al primo posto metto il trionfo olimpico. Poi l’anello Nba e quindi l’mvp».
Dan Peterson ha detto che il Milan deve andare avanti con Mihajlovic, lei da tifoso rossonero che ne pensa?
«Non so, a me basta che si cominci a vincere qualcosa perché continuare così è dura. Temo che lo scudetto andrà alla Juve: sono i più forti».
Visto da vicino Curry è un mostro?
«È un ragazzo incredibile, sta giocando con fiducia alle stelle. Paragonabile a Jordan, Kobe e LeBron? Per ciò che sta facendo, sì. Ma mercoledì siamo riusciti a fermarlo».