Corriere della Sera, 15 gennaio 2016
La rivincita del mister in tuta (vedi Sarri)
«Sa cosa mi dà davvero fastidio? Le etichette». Se l’abito non fa il monaco, la felpa – di sicuro – fa Maurizio Sarri. In un mondo di allenatori incravattati, con la scarpa tirata a lucido e il nodo della sciarpa così volitivo da fare scuola (ogni riferimento a Roberto Mancini è puramente casuale), la tuta blu scuro che in 19 giornate di campionato ha scritto il romanzo del Napoli campione d’inverno guarda tutti dall’alto in basso con la stoffa un po’ molle sulle ginocchia (segno distintivo di chi si accuccia spesso a filo d’erba per osservare da una prospettiva orizzontale il pallone che rotola).
Tuta eravamo (Nereo Rocco a Milanello, aperta sul petto nudo e villoso; Nils Liedholm sulla panchina della Roma: giacca della tuta indossata su camicia e cravatta, un copyright) e tuta torneremo. In mezzo, tra lo strepitoso Arrigo Sacchi di verde pisello vestito al Mondiale ‘94 e Marcello Lippi super-casual nella finale di Berlino 2006 (la tuta con il felino sul petto e la Coppa del Mondo in pugno è ormai un’icona dello sport), scorrono generazioni di tecnici in grisaglia, come se l’evoluzione del contropiede in ripartenza passasse anche da una certa ricercatezza in panca. A volte giacca e cravatta stanno scritte nel codice etico di una società (il Milan gradisce anche i capelli corti, per esempio, e un sobrio uso dei social), altre nel dna di chi ama sgolarsi in punta di button down. «Io gli allenatori che si presentano a bordo campo con la tuta li multerei – disse Max Allegri a GQ quando vestiva in rossonero —. In quel momento stai rappresentando la società!». Che diamine.
Questione di punti di vista. Francesco Guidolin non amava lo stress ma adorava la tuta. Giampiero Ventura al Toro ha iniziato in felpa per poi passare alla giacca granata. Di Carletto Mazzone si tramanda, in trentacinque anni di onorata e poliedrica carriera, un’indimenticabile corsa in tuta bresciana sotto la curva dell’Atalanta dopo un gol di Baggio, inseguito da grisaglie societarie. In doppiopetto non avrebbe mai avuto lo stesso icastico dinamismo, diciamocelo. Sor Carletto for president.
Gli elegantoni (Leonardo, Prandelli, Mancini, Sousa, Wenger, Blanc, Zidane ultimo ammesso nel club) si distinguono anche quando sbagliano misura dell’abito (Guardiola ha sempre l’aria di uno uscito da un candeggio maldestro). Poi ci sono i pionieri (Trap) e gli iconoclasti (Mourinho: Armani cucì su misura al cattivissimo Mou un cappottino grigio che riposa in una teca del museo del Chelsea), che vestono come gli gira. Un po’ e un po’, ma sempre con gli scarpini con i tacchetti.
Oggi a fare compagnia a Sarri ci sono Castori a Carpi e Klopp a Liverpool. «Mai fidarsi di quelli che vanno in giro in tuta» scriveva il vecchio sporcaccione Charles Bukowski. La serie A, da Napoli in giù, annuisce convinta.