Corriere della Sera, 15 gennaio 2016
Teresa Mannino rimpiange la sua infanzia
Sul fondo della quinta in legno c’è Porta Felice. Sui due lati si aprono i palazzi di Palermo. Teresa Mannino sul palco, sola, racconta di sé, della sua infanzia, delle gite al mare in Cinquecento. La mamma e la zia davanti, i cugini e gli amici stipati dietro. «E a un certo punto non capivi più dove finiva la simil-pelle dei sedili e dove cominciava quella vera di pelle, la tua». «Sono nata il Ventitrè» è il titolo del suo ultimo spettacolo (che sta portando in tournée, dal 10 febbraio sarà all’Ambra Jovinelli di Roma), un monologo con spazio al dialogo con il pubblico, che poi significa battute e qualche carezzevole presa per i fondelli. Metà pomeriggio, in un bar di Milano: Teresa incastra un appuntamento con il Corriere, subito dopo il colloquio con la maestra di sua figlia Giuditta (6 anni). «Certo i bambini oggi sono più accuditi, ed è giusto così. Ma noi quanto esageriamo. Quando ero piccola mi ricordo che era considerato nell’ordine naturale delle cose che a un certo punto tua mamma ti tirasse dietro uno zoccolo. Quello che all’epoca si chiamava “un cornutello”, adesso è un “soggetto iperattivo”. Al bambino cade la merenda? Senti una che grida come un’isterica: “Buttala via subito, subito!”, chi è? La madre. Ai miei tempi mi dicevano: “Va beh raccoglila, soffia e mangia che ti fai gli anticorpi”.
Le bombe della mafia
«Ho avuto un’infanzia meravigliosa. Anche se ero l’ultima di tre figli. Nella nostra casa di Gibilrossa mancava spesso l’acqua, come in tutta la provincia di Palermo. Io dovevo farmi il bagno dopo mia sorella e mio fratello. Nella stessa vasca che non veniva svuotata. Non mi facevo il bagno, mi facevo direttamente i fanghi».
Poi racconta di come i clan mafiosi fossero proprietari dei pozzi e come usassero il rubinetto per controllare il territorio, ricattando la politica. Ma è solo un riferimento minimo. Sembra quasi che non ne voglia parlare... Teresa si ferma un secondo, fissa il bicchiere, spegne il sorriso. «Nella prima versione del copione avevo scritto una parte più ampia. Poi l’ho levata perché era un brano che toglieva ritmo al testo, non si sposava con la trama comica». Eppure il film di Pif, «La mafia uccide solo d’estate» sembra dimostrare che si può fare...«Ne ho discusso tante volte con Pif. Mi ha detto che a casa sua non si parlava molto di mafia; noi invece ne parlavamo eccome». Pausa.«D’accordo, le voglio confidare una cosa che è un ricordo ancora doloroso. Mio padre faceva il medico ma aveva una passione per il calcio, così decise di costruire un villaggio sportivo nel territorio tra Ciaculli, Gibilrossa, Belmonte. Diciamo che la mafia voleva entrare in società con mio padre». Come andò a finire? «Una notte fummo svegliati da un boato: avevano messo una bomba nel campo sportivo. Io avrò avuto 12 o 13 anni. Rivedo ancora il volto serio di mio padre. Ricordo il suo silenzio impressionante. Finì di costruire il centro ma non fu quasi mai utilizzato. Sì vorrei fare qualcosa sulla mafia, ma non adesso. Va studiata».
Ulisse, quel traditore
«Di recente ho riletto l’Odissea e ho deciso di aprire lo spettacolo narrando le gesta di Ulisse, quel traditore». Traditore? «Ma certo. Uno che ci mette dieci anni per tornare a casa, anche se la sua patria, Itaca, stava proprio di fronte a Troia. Che ha fatto, il giro della Costa Romantica? Rivaluto, invece, Penelope: la più intelligente di tutti. Con la storia della tela ha tenuto a bada i Proci. Vabbè, solo i Proci, cioè solo degli uomini, potevano credere alla storia della tela che non finisce mai». I suoi uomini, invece, come sono? Tutti traditori pure loro? «Gli uomini te li puoi scegliere. Io non potrei mai stare con figure simili a quelle che descrivo». E quindi? «Quindi che? Devo fare l’elenco? Allora io sono divorziata. Il mio ex marito si chiama Luigi, il padre di mia figlia si chiama Andrea e il mio compagno si chiama Paolo. Che c’è? Io sono monogama nella testa. Però sono stata anch’io traditrice. Non so, forse per insicurezza. Ma non ho rapporti conflittuali con gli uomini in generale. Anche se sono cresciuta in un ambiente maschilista, anzi nell’ambiente con il peggior maschilismo, quello delle donne. Quando ero ragazzina mia mamma mi diceva: “vai a prendere l’acqua a tuo fratello”. Io mi alzavo e lanciavo l’insalatiera per aria. “Tu sei pazza, sei pazza”, urlava mia madre».
Le telefonate di Boldi
Teresa Mannino, «nata il 23» novembre 1970, si è laureata in Filosofia a Palermo. Ha frequentato la Scuola europea di recitazione al Teatro Carcano di Milano, si è avvicinata al cabaret con Zelig, ha partecipato a sei film... «Sono film che sono felice di aver fatto, ma che non andrei a rivedere. All’inizio mi annoiava girare. Poi, piano piano, ho capito che poteva anche essere divertente. Ma quando vedevo il film finito ci rimanevo male: “chi li va a vedere?” pensavo. E infatti: milioni di incasso». Quindi storia finita? «Massimo Boldi, con cui ho girato “La fidanzata di papà”, ogni tanto mi chiama, mi propone». E lei? «Io lo blocco subito: senti Massimo se sono cose tremende come quelle altre lasciamo perdere eh». E invece da chi vorrebbe ricevere una telefonata? «Almodovar. Sono convinta che se ci fossimo conosciuti mi avrebbe proposto una parte nei suoi film, mi ci vedo proprio, ma ormai...»
Un baobab per Pisapia
«Crozza mi fa ridere, ma la satira che per me resta insuperabile è quella di Totò “siamo uomini o caporali?”. Solo Benigni un po’ si è avvicinato. Anche Corrado Guzzanti è bravissimo». D’accordo, ma non è chiaro se le interessa la politica. Lei vota a Milano, giusto? «Sì. L’altra volta ho votato Pisapia. Ha fatto anche delle cose buone. Ma vorrei un sindaco più coraggioso, uno che se ne deve fottere davvero delle varie lobby. Hai chiuso al traffico un pezzetto di città? Non basta: tutti a piedi dobbiamo andare. Milano ha bisogno di grandi decisioni: chessò, scoperchiare i Navigli. Che sono queste aiuole piccolissime? Che siamo a Vigevano, a Pavia? I baobab ci devi mettere. Vorrei fare il sindaco di Milano per capire come funziona e poi, quando l’ho capito, farei il sindaco a Palermo e diventerei cattivissima».