15 gennaio 2016
I terroristi attaccano Giacarta • Anche la Renault ha falsificato i dati sulle emissioni? • La Fiat Chrysler ha gonfiato i dati di vendita? • Indagati Marino e Alemanno per abuso d’ufficio • Il marito del sindaco Capuozzo indagato per un abuso edilizio • L’Italia dovrà risarcire 371 persone infettate con le trasfuzioni di sangue • Come si spiano i dipendenti • Ogni anno 200 italiani chiedono di morire in Svizzera • Il tramezzino ha 90 anni • È morto Franco Citti
Giacarta Ieri a Giacarta un numero ancora imprecisato di terroristi si è fatto esplodere. In mattinata si sono avute sei esplosioni e una battaglia fra terroristi e polizia nel distretto commerciale di via Thamrim, dove si trovano anche diversi uffici delle Nazioni Unite. Tutto è iniziato quando il primo kamikaze del commando si è fatto eplodere davanti a uno Starbucks, seguito da altri due: mentre i vetri andavano in frantumi decine di persone hanno cominciato a scappare e si sono trovate di fronte altri terroristi che hanno sparato. Sette vittime, tra cui la maggior parte terroristi, oltre a un turista canadese e un passante. Subito dopo aver colpito il bar, gli stessi uomini armati insieme ad altri terroristi imbottiti di esplosivo hanno assaltato il retro del grande magazzino Sarinah. Qui le forze dell’ordine hanno impiegato ore ad aver ragione dei terroristi. Nel frattempo altri due membri del commando si sono fatti esplodere poco lontano, ma le testimonianze sono confuse. «Abbiamo ucciso 2 uomini del commando, tre si sono fatti saltare in aria, e altri tre sono stati arrestati», hanno detto le autorità. Ma il gruppo dei terroristi secondo alcune fonti era molto più numeroso, almeno 14 persone sostengono i media locali. Nessun gruppo locale ha rivendicato ufficialmente l’impresa, ma l’Is si è attribuito attraverso un sito simpatizzante la paternità degli attacchi contro «un assembramento di crociati» delle «forze anti Stato islamico». Da giorni la polizia segnalava l’intensificarsi del rischio attentati in Indonesia: un allarme rosso era stato diffuso in tutto il Paese dopo la scoperta di una rete in azione formata da ex soldati dello Stato islamico rientrati in Patria dopo aver combattuto in Siria e Iraq, un numero imprecisato ma alto, tra i 200 e gli 800 (Bultrini, Rep).
Renault Anche la Renault è sospettata, come la Volkswagen, di aver truccato i dati sulle emissioni delle vetture diesel. La polizia francese antifrode sta facendo controlli in uffici e impianti dalla settimana scorsa. Appena ieri si è diffusa la notizia, c’è stato in Borsa un crollo del titolo che ha perso fino al 20% per poi chiudere a -10,3%. Renault ha confermato le ispezioni della polizia anti frode, ma ha fatto sapere che non è stato trovato alcun software fraudolento che consenta di aggirare deliberatamente i testi sulle emissioni, come quelli trovati invece sulle vetture tedesche. Finora sono già state verificate otto marche diverse: Renault, Psa, Volkswagen, Mercedes, Ford, Opel e Bmw. Altri quattro costruttori saranno sottoposti all’esame, ovvero Nissan, Volvo, Suzuki e Fiat. I primi risultati avrebbero segnalato “fuori norma” rispetto ai livelli di legge sulle emissioni la Renault e altri due costruttori esteri, di cui non è stato precisato il nome. L’esito finale dei test potrebbe essere annunciato già la settimana prossima, assieme alle iniziative che i costruttori si saranno impegnati a prendere per rientrare nelle norme sui livelli di anidride carbonica e ossido di azoto (Ginori, Rep).
Fca Secondo quanto riportato dal sito Automotive News, due concessionari di Chicago denunciano di essere stati indotti da Fiat Chrysler Automobiles a falsare i dati sulle vendite e per questo avrebbero intentato un’azione legale nei confronti del colosso delle auto. Anche se la casa automobilistica ha smentito, ha fine giornata ha perso quasi l’8% alla Borsa di Milano e il 4,2% a Wall Street. Le due concessionarie sostengono che Fca avrebbe offerto loro ingenti somme di denaro per far risultare come vendute delle auto che in realtà non lo erano. Secondo gli accusatori i report sarebbero stati gonfiati per diversi mesi consecutivi, sempre con la stessa tecnica: i dati venivano falsificati nell’ultimo giorno del mese, per poi essere corretti l’indomani. Fca sostiene che l’accusa è venuta fuori proprio durante una lite con le concessionarie e quindi si tratta di ritorsione (Parola, Rep).
Roma Sono indagati per abuso d’ufficio gli ultimi due sindaci di Roma, Gianni Alemanno e Ignazio Marino. Motivo: presunte nomine irregolari a dirigenti, capi dipartimento, membri dello staff, eseguite dalle giunte targate centrodestra e centrosinistra. Dietro alcuni incarichi sospetti ci sarebbero anche molti assessori delle rispettive giunte, per un totale di 58 persone. Una informativa del Nucleo di polizia tributaria della Finanza inviata al sostituto procuratore Francesco Dall’Olio, ha messo il focus sulla questione nomine. Benché per certe posizioni nulla vieti la cosiddetta “nomina diretta” sarebbe comunque sempre necessario operare una verifica delle risorse interne al Comune prima di assumere personale esterno. Un passaggio obbligatorio per cercare di alleggerire le già esauste casse pubbliche (Scarpa, Rep).
Quarto La Procura ha indagato il marito di Rosa Capuozzo, sindaco di Quarto, con le accuse di falso e violazione della normativa edilizia. Al centro del nuovo filone, la trasformazione e l’ampliamento di un sottotetto diventato l’appartamento dove il sindaco vive con il coniuge, Ignazio Baiano. I magistrati ipotizzano i reati di falso e violazione della normativa edilizia. Al centro dell’inchiesta, la dichiarazione in base alla quale l’opera (una mansarda di uso industriale, trasformata in ampia abitazione) risultava completata e l’appartamento abitato entro il 31 marzo 2003, ultimo giorno utile per ottenere il condono. Ma l’ipotesi della Procura è che questa dichiarazione non corrisponda a verità. Proprio facendo leva sull’abuso, il consigliere comunale ex grillino De Robbio aveva tentato di ricattare la Capuozzo mostrandole in tre circostanze la foto dell’area in cui si trova l’abitazione. «Rosa, hai un problema», le disse De Robbio (Del Porto e Sannino, Rep).
Sangue Lo Stato italiano dovrà risarcire 371 cittadini italiani infettati da virus (Aids, epatite B e C) attraverso le trasfusioni di sangue malato effettuate tra gli anni ’70 e ’90. Il totale dei risarcimenti supera i 10 milioni di euro. A stabilirlo è una nuova sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo. A fare ricorso alla Corte nel 2012 e nel 2013 sono state 889 persone nate tra il 1921 e il 1993 che già avevano fatto ricorso contro il ministero della Salute per ottenere un risarcimento per i danni subiti. La Corte ha accolto 371 ricorsi: in sette casi i giudici hanno stabilito una riparazione che varia tra 73mila e 350mila euro avendo determinato che lo Stato italiano ha violato il diritto a un equo processo e al rispetto alla proprietà privata. In altri 364 casi lo Stato italiano ha violato il diritto alla vita dei ricorrenti a causa della durata dei procedimenti: per ogni ricorrente è stato fissato un risarcimento per danni morali che varia tra 20 e 35mila euro. Sono 120mila le persone che in Italia si sono ammalate dopo trasfusioni infette, 2.600 quelle nel frattempo decedute. Trentamila oggi ricevono un indennizzo bimestrale, qualche centinaia di euro, da parte dello Stato. Settemila hanno avviato cause risarcitorie (Rep).
Sensori Al Daily Telegraph sono state piazzati, sotto a ciascuna scrivania dei giornalisti, sensori che rilevano la presenza del lavoratore al suo posto. Appena i giornalisti se ne sono accorti, la direzione del giornale ha rimosso gli aggeggi. Molti minatori e camionisti australiani indossano il cappellino SmartCap che, attraverso sensori simili a quelli dell’elettroencefalogramma, si accerta che siano vigili e reattivi. I magazzinieri dei supermercati Tesco indossano, in Inghilterra, un braccialetto che traccia i loro spostamenti e la percentuale di lavoro svolta: il dispositivo assegna punti se si finisce prima del previsto e penalità se si fa una pausa senza averla preannunciata. In Messico l’impiegata Myrna Arias ha vinto una causa contro l’azienda InterMex, che l’aveva obbligata a scaricare l’app Streetsmart di Xora: è un software che spiffera ai manager, grazie al Gps dello smartphone, gli spostamenti dei suoi sottoposti (Aluffi, Rep).
Eutanasia Ogni anno 200 italiani arrivano in Svizzera per l’eutanasia: pagano da 10mila a 13mila euro. Per ogni paziente che ottiene l’eutanasia, almeno 50 non ci riescono. Non esistono cifre ufficiali sugli italiani che dall’Italia arrivano in Svizzera: le cliniche non forniscono dati. Il 46% degli italiani che si suicidano hanno la malattia come movente, stima l’Istat. Il 40% delle persone, dopo il colloquio con medici e psicologi, desiste dal suo proposito e torna a casa (Galeazzi, Sta).
Tramezzini Il tramezzino compie novant’anni. Lo inventarono al caffè Mulassano di Torino, nel gennaio 1926. A battezzarlo così fu Gabriele D’Annunzio che osservando la forma di pane a cassetta da cui si ricavava il sandwich pensò alla «tramezze» della sua casa di campagna. Nel caffè una targa ricorda: «In questo locale nel 1926 la signora Angela De Michelis Nebiolo inventò il tramezzino». Angela e Onorino Nebiolo, dopo essere emigrati in America per qualche anno, rientrarono a Torino, la loro città natale, con l’intenzione di comprarsi un locale: ne comprarono uno storico, a piazza Castello, pagando 300mila lire. Furono i primi a proporre in Italia il toast, portando dagli Stati Uniti il tostapane. Con lo stesso tipo di pane inventarono il tramezzino, che originariamente era farcito con burro e acciughe. I tramezzini all’inizio vennero serviti come rompi-digiuno insieme con l’aperitivo, ma in capo a pochi mesi, il successo fu tale che i titolari di Mulassano decisero di proporli a mezzogiorno come pranzo veloce. Un giorno D’Annunzio si sedette al bar e ordinò un vermouth: gli portarono anche un vassoio di questi nuovi panini. Li divorò e quando fu il momento di ordinarne ancora disse: «Ci sarebbe un altro di quei golosi tramezzini?» (Minucci, Sta).
Citti È morto a 80 anni, malato da tempo, l’attore Franco Citti. Era nato nell’aprile del 1935 a Fiumicino, che allora era una baraccopoli. Faceva il muratore e una sera del 1961 in pizzeria il fratello Sergio lo aveva presentato a Pasolini, che allora insegnava in una scuola a Ponte Mammolo. Quell’anno Pier Paolo Pasolini decise di passare alla regia e scelse Franco Citti come protagonista della sua opera prima Accattone. Con Pasolini Citti ha fatto altre pellicole: da Porcile a I racconti di Canterbury, da Decamerone a Il fiore di Mille e una notte, ma ha lavorato anche con altri cineasti, soprattutto con il fratello Sergio (Levantesi Kezich, Sta).
(a cura di Daria Egidi)