Corriere della Sera, 13 gennaio 2016
Falso in bilancio, la cassazione fa dietrofront e salva la nuova legge
Vero che la nuova legge sul falso in bilancio sconta una «non sempre ineccepibile formulazione», talora «persino in rapporto all’ortodossia sintattico-grammaticale». E vero che questa «approssimazione» di «scarso tecnicismo» dipende dai «problematici equilibrismi strategici e compromissori» del legislatore nel marasma di emendamenti «che a volte finiscono per stravolgere il significato inizialmente concepito». Ma, nella nuova legge, la Cassazione «salva» lo stesso la punibilità di quelle «valutazioni» (dei magazzini, dei crediti incagliati, degli immobili, dei derivati) che nell’estate 2015 la stessa V sezione di Cassazione (ma con altri giudici nel processo all’ex sondaggista di Berlusconi Luigi Crespi) aveva ritenuto non più punibili dall’«intervento ortopedico» del legislatore, che aveva soppresso – nella frase «fatti materiali non rispondenti al vero» – l’inciso «ancorché oggetto di valutazioni». Non è un problema insuperabile, indica ora la Cassazione in una seconda sentenza (relatore Paolo Antonio Bruno, presidente Aniello Nappi) nella quale ravvisa che l’inciso soppresso fosse «inutile» perché quell’«ancorché» aveva solo «finalità ancillare, meramente chiarificatrice» del fatto che nei fatti materiali esposti nei bilanci «fossero da intendersi» già «ricompresi anche quelli oggetto di valutazione». A questa conclusione la Cassazione muove da una esegesi di tre termini «squisitamente tecnici e non comuni» in quanto trasposti da «formule lessicali in uso nelle scienze economiche anglo-americane e soprattutto nella legislazione comunitaria». Fatti qui non vuol dire «eventi del mondo fenomenico», ma «dato informativo della realtà che i bilanci portano all’esterno»; materiali significa «essenziali», nel senso di lasciar fuori dai bilanci «i profili marginali e secondari»; e rilevanti vuol dire che le informazioni non devono essere «fuorvianti» e cioè «tali da influenzare in modo distorto le decisioni degli utilizzatori». Ma se «fatto in senso lato è il dato informativo», e se «materiali e rilevanti sono solo le informazioni essenziali e capaci di influenzare le opzioni degli utilizzatori», allora per la Cassazione «l’esclusione delle valutazioni» dal perimetro di reato – oltre ad avere l’effetto di «frustrare le finalità della legge» (molto più severa di quella di Berlusconi su altri punti) e a «risolversi in una «improponibile abrogazione della fattispecie» – «sarebbe illogica» perché «anche le valutazioni, ove non rispondenti al vero, sono in grado di condizionare negativamente le scelte». Il vero tutelato dalla legge non è dunque il vero oggettivo della realtà calata nel bilancio, ma il vero legale, cioè «la corrispondenza della stima» a «quanto prescritto da disciplina civilistica, direttive e regolamenti comunitari, standard tecnici universamente riconosciuti» (Ias/Ifrs) e «prassi contabili generalmente accettate». Ed è «l’elusione di questi predeterminati parametri» a costituire ancora falso in bilancio «nel senso di discordanza dal vero legale, ossia dal modello di verità convenzionale conseguibile con l’osservanza di quei criteri».