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 2016  gennaio 13 Mercoledì calendario

Ritratto di Roberto Giachetti, uomo buono per tutte le stagioni

Matteo Renzi apre ufficialmente la campagna elettorale per il Campidoglio con un endorsment per nulla velato in favore di Roberto Giachetti. Ieri, infatti, il premier ha sentenziato: “Il candidato sindaco lo decideranno le primarie, non voto nella Capitale, secondo me Giachetti conosce Roma meglio di chiunque altro, ha fatto il capo di gabinetto, è romano e romanista”. Più chiaro di così: la prerogativa è essere tifosi.
Cinquantacinque anni, vice presidente della Camera, dal 2001 Giachetti siede in Parlamento. Ma è in Campidoglio che costruisce la sua carriera politica. Nasce radicale, poi diventa consigliere circoscrizionale con i Verdi, nel Municipio del centro storico. Nel 1993 il salto di qualità: fa parte dello staff delle giunte targate Francesco Rutelli, prima come capo segreteria politica poi come capo di gabinetto. Lavora soprattutto come “ufficiale di collegamento” tra l’ex sindaco e le varie anime della città che lo sostengono.
E cementa il legame con quelli che ora sono i consiglieri “romani” più ascoltati da Renzi: il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, allora assessore alla Comunicazione, il portavoce di Palazzo Chigi Filippo Sensi, al tempo nell’ufficio stampa, così come il deputato turborenziano Michele Anzaldi. Fosse per lui, Giachetti eviterebbe volentieri la competizione elettorale di metà giugno, che nella Capitale si annuncia in salita per il Pd dopo le macerie dell’esperienza di Ignazio Marino. Ma come dire no al capo del governo e del partito?
Renzi avrebbe prima sondato il terreno col presidente del Coni, Giovanni Malagò. Poi la scelta è caduta sul deputato dem, secondo uno schema già collaudato: pescare i candidati negli enti locali tra i fedelissimi, in mancanza di una propria classe dirigente sul territorio. Per il premier Giachetti ha il merito di essere slegato dalle correnti della disastrata federazione Pd romana, commissariata da un anno dopo Mafia Capitale, e ha un profilo capace di drenare voti potenzialmente in uscita verso il Movimento 5 Stelle. Giachetti scioglierà la riserva nei prossimi giorni: la direzione Pd è convocata per il 22 gennaio. Prima però vuole discutere con Renzi e Orfini i dettagli su candidati in consiglio e comitato.
Il problema è trovare concorrenti al candidato “benedetto” da Renzi alle primarie, in agenda ai primi di marzo. La base del partito è rimasta tiepida rispetto ad una scalta calata dall’alto. Sabato cinque donne, tra cui gli ex assessori in Campidoglio Marta Leonori e Estella Marino, daranno vita all’iniziativa “Ricucire Roma”, per lanciare proposte per la città. Tutti tengono un profilo basso, temendo una debacle alle urne in favore di Alfio Marchini, delle destre o dell’M5S. Sondano il terreno i deputati romani veltroniani Roberto Morassut e Marco Causi, così come l’ex assessore Paolo Masini.
Resta l’incognita Ignazio Marino, l’ex sindaco non ha ancora chiarito cosa farà. Così le primarie potrebbero diventare di coalizione. Per il cartello Sinista Italiana in campo c’è Stefano Fassina. Ma a Roma Sel è spaccata tra il gruppo dirigente, che vorrebbe partecipare ai gazebo per non rompere l’alleanza di centro sinistra, e i giovani decisi a voltare pagina. Se fossero di coalizione potrebbe correre anche il radicale Riccardo Magi, forte del riscontro ottenuto dalla proposta di referendum sulla corsa romana alle Olimpiadi. Riflettono i Verdi con l’ex popolo viola Gianfranco Mascia.