La Stampa, 13 gennaio 2016
Nessuno vuole i bond di Mps e Carige
Un’altra giornata di nervosismo per Mps e Carige. I due istituti, considerati dal mercato più fragili, hanno tentato di rimettersi in piedi in Borsa dopo la forte batosta della vigilia. Nonostante il ritorno degli acquisti, i due titoli hanno comunque chiuso con recuperi lievi senza riuscire a riconquistare la soglia dell’euro, persa il giorno prima. Mps ha guadagnato lo 0,27% (0,928 euro) mentre Carige ha recuperato il 7,68% a 0,96 euro.
In netto calo si sono invece mossi i bond subordinati delle due banche su cui ieri si è aperto un nuovo fronte di allarme. Le tensioni sono iniziate nel pomeriggio e hanno portato le obbligazioni subordinate delle due banche a rendimenti intorno al 10% per scadenze a cinque anni. Il bond Mps 2020 subordinato ha chiuso con un prezzo a 86 e rendimento del 9,40% mentre lo stesso strumento di Carige è arrivato a quota 88 e rendimento a 10,50%. A dicembre quotava a 107. Per fare un confronto, un’emissione subordinata Unicredit con scadenza nel 2021 ieri rendeva il 3,45%. «Si tratta di valori ormai fuori mercato che però non corrispondono a realtà perché i due istituti sono solidi e redditivi – dice Roberto Russo, ad di Assiteca Sim -. Vedremo altri giorni di tensione ma poi l’emotività verrà messa da parte anche grazie alle trimestrali che saranno diffuse a breve». Mps comunicherà i dati il prossimo 5 febbraio mentre per Carige occorrerà aspettare marzo.
Intanto in un’intervista di oggi al Secolo XIX, Cesare Castelbarco Albani, presidente di Carige ribadisce che l’istituto è sotto l’attacco speculativo dei fondi e che sulle obbligazioni qualcuno si diverte a soffiare sul fuoco. Afferma inoltre di comprendere le preoccupazioni dei clienti ma ricorda che la banca è solida e non a rischio. Smentito anche un possibile aumento di capitale.
La tensione di questi giorni sulle Mps e Carige riporta in primo piano le preoccupazioni di molte famiglie per i propri soldi. Il caso del «salvataggio» delle quattro banche (CariFerrara, Banca Marche, Popolare dell’ Etruria e CariChieti) e l’azzeramento delle obbligazioni subordinate di questi istituti ha messo in allarme molti correntisti. La rabbia dei risparmiatori coinvolti si è materializzata ieri davanti alla sede della Consob.
Intanto qualche grande gruppo, nei giorni successivi al decreto «salva» banche, ha visto aumentare il numero di clienti. È successo soprattutto nei piccoli paesi delle aree in cui si trovano le banche «salvate», in Toscana, Emilia, Lazio, Marche e anche in Veneto. Alcuni sono corsi ad abbassare l’ammontare che avevano sul proprio deposito portandolo sotto la soglia dei 100 mila euro (in caso di bail-in, fino a 100 mila euro i depositi sono protetti dal Fondo di Garanzia. Oltre la soglia possono finire nel bail-in). Di sicuro non sono solamente i correntisti di queste zone e di questi istituti a muoversi verso le banche più grandi. Il movimento coinvolge anche istituti più sani ma piccoli. Non a caso in queste ultime settimane grandi gruppi, tra cui Poste Italiane, stanno martellando con pubblicità in televisione sui propri strumenti per i soldi delle famiglie.