Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  gennaio 13 Mercoledì calendario

Il grande ritorno di José Carreras in Italia. Intervista a un Maestro

Certo di anni ne son passati da quando i tre tenori, «the three tenors», tenevano col fiato sospeso le platee di tutto il mondo. Il grande Luciano Pavarotti non c’è più e le repliche, pur non mancando, non arrivano ad eguagliare l’imponenza delle voci dei tre cantanti lirici più famosi del pianeta. Ma ascoltar cantare José Carreras ancora una volta in Italia fa assaporare ai melomani il gusto di poter ancora rivivere il sogno di un tempo. Il tenore spagnolo, che cinque anni fa ha raccontato di aver vinto la sua lotta contro la leucemia – tanto da istituire in Spagna, sua Patria natale, la Fondazione Carreras -, ha voluto regalare al pubblico toscano uno spettacolo da tutto esaurito, che ha costretto l’amministrazione comunale di Lucca a piazzare un maxischermo per dare la possibilità a tutti di poter seguire il concerto. Dopo 41 anni Carreras è tornato a calcare le scene del teatro del Giglio, lo stesso in cui nel 1974 si esibì cantando la Bohème. Ad ascoltarlo anche Andrea Bocelli, accompagnato dai due figli e dalla moglie. «Un grande amico e un grande artista», ha detto il tenore spagnolo al pubblico in sala. Lo ha incontrato dietro le quinte, gli ha stretto la mano e gli ha confessato che neanche la bronchite che lo ha colpito nei giorni scorsi gli ha «impedito di cantare». E poi, prima di andarsene dopo quattro bis richiesti dal pubblico, che durante il concerto ha potuto ascoltare arie tratte da opere di Giacomo Puccini, del quale il tenore ha visitato la casa di Torre del Lago, Ruggero Leoncavallo e molti altri, Carreras, che ha cantato accompagnato dal maestro Lorenzo Bavaj, ha voluto confessare a Libero il suo amore per l’Italia, senza risparmiare qualche piccola chicca sugli amici di una vita Luciano Pavarotti e Placido Domingo.
Maestro, che effetto fa tornare a esibirsi nello stesso teatro che 41 anni fa le tributò un grande successo per la sua interpretazione nella Bohème?
«Sa, è sempre un’emozione. È una sfida dopo più di 40 anni tornare in un teatro così vicino a Puccini e alla lirica. Sono veramente contento dell’accoglienza del pubblico e davvero emozionato. Ho provato la stessa sensazione che ebbi molto tempo fa tornando a calcare le scene a Caracalla e alla Scala. Nel 1974 fui diretto dal maestro Bartoletti. Cantavano anche Franco Calabrese e Rodolfo Panerai. Che ricordi!».
Viene spesso in Italia. Che cosa pensa di questo Paese?
«Per me questa è la mia seconda patria. Mi sento sempre come a casa. Sono un “italianofilo” convinto, soprattutto per tutto quello che voi offrite, dal cibo alla cultura, dall’arte fino alla grande musica. E poi amo le vostre città. Ne ho molte nel cuore come Firenze, Parma, Napoli e Milano. Ma mi sono innamorato anche di Matera, dove ho avuto la fortuna di cantare lo scorso anno».
Ha superato una malattia terribile come la leucemia. Qual è il segreto per vincere battaglie di questo tipo?
«Sicuramente l’amore delle persone vicine, quali la famiglia e gli amici. Ma anche dei buoni medici e molta determinazione. Sapevo che se avessi vinto sarei tornato a cantare».
Che ricordo ha di Luciano Pavarotti?
«Dei ricordi bellissimi, dei ricordi di affetto. Anche per Placido, ma per Luciano soprattutto, visto che non c’è più. Era una persona che aveva un grande senso dell’umorismo. Rammento ancora le serate in cui ci intratteneva con le sue bellissime battute. Con Pavarotti ti arricchivi sempre. Aveva una mentalità da filosofo che ti faceva imparare tante cose. Sono tutti ricordi positivi, che restano nel cuore e nell’anima».
E con Placido Domingo che rapporto ha?
«Abbiamo un rapporto stupendo, ci vediamo spesso e ho la fortuna di poterlo ancora sentire». Cantate ancora insieme? «Ogni tanto sì, quando possiamo facciamo qualcosa assieme».
Qual è l’opera che le è piaciuto più cantare e quale quella che rimane il suo sogno proibito?
«Guardi, le ho fatte tutte quelle che potevo fare con la mia condizione vocale e il mio temperamento. È molto difficile dire l’opera che io preferisco cantare. Le ho amate tutte, dalla Bohème alla Carmen, fino all’Andrea Chenier. Una cosa è certa: quelle che preferisco sono le opere del grande repertorio italiano».