Corriere della Sera, 13 gennaio 2016
Dall’America stanno speculando in Borsa su Montepaschi. Lo pensa il consigliere di Mps Alessandro Falciai
L’imprenditore Alessandro Falciai, azionista di Mps appena sotto il 2% e consigliere dell’istituto, non teme le montagne russe in Borsa. Né ha ripensamenti per l’ingresso nella banca di quasi due anni fa: «Ho 54 milioni di titoli comprati in vari momenti. Quando si entra in una situazione così difficile è impensabile fare un mordi-e-fuggi. I conti li farò nel 2019, ho tutto il tempo per vedere superata questa situazione, cui guarderemo con un sorriso».
Come spiega l’estrema volatilità e le perdite in Borsa?
«I movimenti risalgono a qualche settimana fa e c’è un sovrapporsi di situazioni, dominate da una speculazione ribassista non indifferente. Il concentrarsi delle vendite nel pomeriggio fa pensare che ci possa essere una mano Oltreoceano. Abbiamo visto oscillazioni delle azioni ma anche delle obbligazioni subordinati che portano a valutazioni assolutamente non realistiche».
Cioè la banca è percepita peggio di come è in realtà?
«Oggi Mps ha un patrimonio netto di 10,3 miliardi ma ne vale meno di 3 in Borsa. Sono valutazioni da banca greca, solo che non si vedono gli elementi per raffigurare Mps, che è solida nei suoi fondamentali. Rispetta tutti i vincoli Bce e lo farà in futuro. La mia assenza di dubbi nasce dal fatto che c’è una totale trasparenza nei conti e nella governance, un lavoro cominciato dal management nel 2012. La banca è in buone mani, è stato fatto un forte taglio di costi per 800 milioni e oggi è dal punto di vista operativo la più efficiente in Italia dopo Intesa Sanpaolo. C’è il problema dei non performing loans, 45 miliardi lordi che diventano 23 netti. Abbiamo accantonato più di 20 miliardi, si tratta di situazioni del passato note e circoscritte e che il management vuole ricondurre in limiti fisiologici entro il 2018».
Pensate di accelerare?
«È stato presentato un piano di vendita di 5,5 miliardi di npl, stiamo andando più velocemente del previsto. Voglio ricordare che prima degli accantonamenti la banca ha una buona redditività, circa 1,6 miliardi a settembre. Non è un problema drammatico: da qui a dire che la banca è come l’Etruria, ce ne corre. In comune hanno solo la Toscana. Come conti, liquidità, solidità patrimoniale e management, non c’è paragone».
Sono circolati rumors su un nuovo aumento di capitale: è un’ipotesi sul tavolo?
«Mi sento di poterla categoricamente scartare. I requisiti patrimoniali chiesti dalla Bce sono di 10,2% e noi siamo al 12%. Al 2017 la richiesta sale al 10,75% e la nostra previsione è che saremo ben al di sopra dell’11%. E siamo in grado di raggiungere il livello chiesto da Bce senza aumento di capitale. Se è per questo, erano circolate pure ipotesi di conversione dei bond in equity, come in Portogallo. Ma non è in agenda e non serve».
Ma perché allora il mercato vi percepisce così deboli?
«Perché gli ultimi anni sono stati molto pesanti, il danno reputazionale è stato alto, e abbiamo anche un po’ peccato nella comunicazione, sia finanziaria sia istituzionale, che va migliorata. Questo retaggio getta ancora un’alea sulla banca. Ma abbiamo una lista di clienti istituzionali e retail molto fedele e perciò non c’è motivo di entrare nel panico. La banca è solida».
Bce vi ha imposto un acquirente. A questi prezzi potreste rifiutare un’offerta, se arrivasse, rischiando di fare la fine dell’Etruria con Pop.Vicenza?
«Questa è una bella domanda. Finora non s’è profilato nessun candidato. Se arrivasse un’offerta siamo tenuti a valutarla. Ma spetterà al consiglio e soprattutto all’assemblea esprimersi. Noi comunque andiamo avanti da soli. Abbiamo fatto due aumenti di capitale e siamo stati autorizzati a rimborsare 4 miliardi di Monti bond. Se arriva un’operatore dall’esterno siamo felici ma altrimenti la banca può e deve andare avanti».